Disturbi alimentari Granda in prima linea?

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È sufficiente osservare alcuni dati per comprendere che vi è una problematica, quella dei disturbi del comportamento alimentare (i più noti sono anoressia e bulimia), che sta prendendo piede sempre più in Italia e alla quale non è stata data finora sufficiente attenzione. Tre milioni di persone nel no­stro Paese sono colpite da disturbi dell’alimentazione e 8.500 sono i nuovi casi annuali; l’età media dei soggetti malati si è abbassata (si attesta a 8/9 anni) e il tasso di mortalità per anoressia supera il 10% (è ormai la malattia psichiatrica con il tasso di mortalità più alto). I disturbi del comportamento alimentare sono la se­conda causa di morte, tra i giovani, dopo gli incidenti stradali. Per rispondere dunque alle esigenze di tanti ragazzi e tante famiglie piemontesi il Con­sorzio sinergie sociali (Css) e la Coo­pe­rativa operatori sociali (Cos) di Alba hanno studiato il progetto del centro residenziale riabilitativo “Il castello delle fate”, specializzato in disturbi del comportamento alimentare. Lo presenta a IDEA Gian Piero Porcheddu, direttore del Css.

Direttor Porcheddu, come na­sce il progetto “Il castello delle fate”?
«L’esigenza di dare vita a un centro per disturbi alimentari nasce sul campo, ma è stata corroborata da continui confronti tra la nostra Cooperativa e il Servizio sanitario del territorio. L’ idea de “Il castello delle fate” prende avvio sulla base di quanto affermato dalla conferenza Stato-Regioni, la quale ha individuato, a livello nazionale, la cura dei disturbi alimentari tra i cinque obiettivi da raggiungere nel più breve tempo possibile. La Cos ha maturato poi una lunga esperienza nella gestione di realtà che coinvolgono minori affetti da patologie psichiatriche e sempre più spesso ha avuto a che fare con ragazze che combattevano di­sturbi dell’alimentazione. Ci stiamo lavorando perciò da molto tempo ma non in maniera specifica dal momento che non abbiamo a disposizione apposite strutture. In Piemonte una persona su 10 è affetta da un disturbo dell’alimentazione ed è fondamentale sapere che se trattati in tempo e all’interno di strutture adeguate, i Dca possono risolversi nell’arco di 4/5 anni e in una buona percentuale dei casi: diversamente assumeranno, nella maggior parte delle volte, caratteristiche patologiche permanenti. Studiando il problema ci siamo confrontati con altre regioni, in particolare con il Veneto che è all’avanguardia nella cura di tali problematiche, e abbiamo compreso la necessità di realizzare qualcosa di specifico anche in Piemonte. Abbiamo inoltre appreso che la nostra regione aveva approvato una delibera inerente alla tematica ormai tredici anni fa: delibera che però non è stata aggiornata e non risponde più alle evoluzioni odierne della malattia. Per giungere al progetto abbiamo preso contatti con il Centro sperimentale disturbi alimentari di Torino e con il Dipartimento di psichiatria di Cuneo: in particolare il dottor Francesco Risso, il professor Giovanni Abate Daga e il professor Secondo Fassino ci hanno messo in contatto con le strutture venete. Siamo andati a visitarle, abbiamo parlato con i loro operatori e abbiamo progettato “Il castello delle fate”.

La struttura nasce perciò da una collaborazione tra servizio pubblico e privato?
«Assolutamente sì, unicamente le Asl del territorio possono inviare pazienti all’interno del Centro. Non può sussistere perciò esclusivamente un rapporto di tipo privato, bensì una convenzione con il Servizio sanitario nazionale di cui la comunità rappresenta parte della filiera composta da attività ambulatoriale, reparto psichiatrico e comunità riabilitative che possano nuovamente restituire i ragazzi alla vita».
“Il castello delle fate” rappresenterebbe una struttura completamente innovativa per il Pie­monte…
«In Piemonte attualmente esistono strutture in cui vengono ricoverati pazienti con disturbi dell’alimentazione ma non sono specializzate e richiedono trasferimenti extra regione per buona parte delle cure, in particolare in Valle d’Aosta, Veneto e Toscana. Sono numerosi i ragazzi e soprattutto le ragazze che necessiterebbero di realtà come questa».

Al momento la sede identificata per il centro è il comune di Do­glia­ni, giusto?

«Sì, il Css ha a disposizione una struttura in passato utilizzata dall’Asl Cn1 per la lungodegenza che architettonicamente si presenta come confacente con un minimo intervento di ristrutturazione. L’ambiente è bello e la distanza dal presidio ospedaliero di Mondovì (sede di Dea, Dipartimento dìemergenza e accettazione) corrisponde a quanto previsto dalle indicazioni date dagli esperti del settore trattandosi di un Centro che ha in cura soggetti a rischio di morte. Per noi non è vincolante la sede tuttavia, siamo disponibili anche a spostare il Centro in una città qualora ci venisse richiesto e ne avessimo le possibilità.

Quali ostacoli state affrontando prima dell’apertura del Centro?
«Attualmente non esiste un deliberato aggiornato in Re­gione e questo rappresenta l’ostacolo maggiore. Il primo passo dovrebbe farlo dalla Regione Piemonte in modo da fornire indicazioni di quante strutture apposite necessiti il territorio. Mi auguro che la Regione possa essere operativa su questo fronte in poco tempo. “Il Castello delle fate” e dunque la provincia di Cu­neo potrebbero candidarsi a diventare sede sperimentale per la cura dei Disturbi del comportamento alimentare sul territorio.
Articolo a cura di Debora Schellino