Occorrerà un po’ di tempo per prendere confidenza con il nuovo ospedale Al­ba-Bra. È quasi pacifico che sia così, perché il nosocomio di Verduno non è solo nuovo, ma anche pensato secondo logiche moderne, non sempre così im­me­diate per i “cittadini comuni”.

Per questo vale la pena provare a farsi aiutare dagli addetti ai lavori, per capire quali benefici, concreti e immediati, possano derivare dall’avvalersi del “Mi­chele e Pietro Ferrero” in luogo del “San Lazzaro” di Alba e del “Santo Spirito” di Bra.

Proviamo a mettere qualche punto fermo con Edoardo Paganelli, prima direttore della struttura organizzativa complessa di otorinola­ringoiatria dell’ospe­dale “San Lazzaro” di Alba e ora alle prese con nuovi spazi, nuove strumentazioni e nuove sfide in quel di Verduno.

«Nel nuovo ospedale abbiamo la fortuna di poter disporre di attrezzature particolarmente all’avanguardia, acquisite dall’Asl Cn2 e acquistate grazie anche ai fondi stanziati dalla Fon­dazione Nuo­vo ospedale Alba-Bra, che ha di fatto contribuito in maneira davvero significativa», esordisce il chirurgo. «È un ospedale moderno, attrezzato con sale operatorie molto “connesse”, che ci offrono la possibilità di trasmettere a distanza interventi, registrazioni, di vi­sualizzare immagini su grandi schermi.

Disponiamo di strumenti che molti altri ospedali non hanno. È in arrivo, per e­sempio, una pedana stabilometrica motorizzata, che servirà sia per le diagnosi nei pazienti che soffrono di vertigini che per la riabilitazione. È uno strumento che si trova solo in pochi centri privati, a quanto mi risulta non è in dotazione ad alcuna struttura pubblica. Ab­biamo poi a disposizione molti dispositivi che facilitano la vita in sala operatoria e che pochi altri centri possono vantare. Si tratta so­prat­tutto di attrezzature che accrescono la sicurezza degli interventi chirurgici, come il navigatore elettromagnetico che rende molto più sicuri gli interventi per polipi nasali, fatti in endoscopia, in spazi estremamente limitati e accanto a strutture molto delicate; con questo navigatore chi opera è in grado di sapere sempre, in ogni momento, dove sta lavorando e di visualizzarlo su uno schermo. Allo stesso scopo servono altri strumenti di cui è fornito l’ospedale, come i sistemi di visualizzazione tridimensionale per operare all’interno della boc­ca».

Non c’è il rischio che si crei un gap tra la tecnologia a disposizione e chi la deve utilizzare?
«No; in realtà, una volta impostati i parametri, sono strumenti molto semplici da usare. Non sono attrezzature che operano al posto del chirurgo, sono sistemi che consentono allo specialista di vedere meglio quello che sta facendo. La differenza continua comunque a farla la competenza di chi opera, la sua esperienza, la sua professionalità. Questi sono solo supporti. Non credo che il loro utilizzo creerà alcun problema, anzi: non faranno che aumentare la sicurezza. In ogni caso, questo è il futuro, la tecnologia ha invaso ogni aspetto della nostra vita, basta pensare a quel che riusciamo a fare oggi con un cellulare, cose impensabili anche solo cinque anni fa… Non possiamo fermare il progresso, dobbiamo adattarci e farci aiutare da queste apparecchiature».

Con che spirito ha affrontato la sfida di gestire una strttura di un ospedale del tutto nuovo?
«È sempre molto stimolante partire da zero e creare qualcosa. Si tende un po’ a sedersi, a pensare “Qui funziona così”, e si rischia di fare sempre le stesse cose. Invece mi trovo in una struttura che ha delle potenzialità enormi, che mi impone di im­maginare di poter fare più co­se, cose diverse, migliori e an­che di chiedermi continuamente co­me le pos­sa fare. È chiaro che a questo punto su­bentra anche l’appoggio della componente am­mi­nistrativa (dal­l’as­ses­sorato re­gionale fino alla direzione dell’ospedale) per­ché occorreranno risorse sia economiche che umane per far funzionare questa macchina a pieno regime. Oltre a ricostruire da zero tutte le équipe, occorrerà più per­sonale perché l’o­spedale è molto grande e le gran­di dimensioni hanno come contropartita quella di rendere alcune cose più dispersive. Ma le potenzialità sono spaventose…».