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«Riforme urgenti per famiglie e giustizia»

Il parlamentare monregalese Enrico Costa analizza gli effetti determinati dall’emergenza

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Anche nell’epoca co­ro­navirus l’attenzione dell’onorevole mon­regalese Enrico Costa, già ministro degli affari regionali e viceministro della giustizia, si è focalizzata sul miglioramento del comparto giudiziario nazionale, senza perdere comunque di vista le sue altre “specialità”, ovvero la Granda, le politiche familiari e la pallapugno.

Onorevole Costa, come ha trascorso il “lockdown”?
«Come tutti gli italiani, ossia con senso di responsabilità e attenzione. Ho anche avuto modo di apprezzare i pregi del­l’innovazione tecnologia. Mi riferisco, in particolare, agli strumenti per effettuare videoconferenze che, per quanto “freddi”, consentono di migliorare la produttività e l’efficacia delle riunioni: intanto, perché viene rispettata la puntualità e poi perché si va dritti al punto del discorso, senza tanti fronzoli, peraltro rispettando le scalette. Oltre al modo di lavorare, è variato anche l’oggetto degli incontri che, ovviamente, nella maggior parte dei casi, riguardano l’emergenza sanitaria in corso».

La pandemia ha acceso i riflettori sul ruolo delle Regioni. Come si facilita l’operato di questi enti?
«Occorre anzitutto maggiore chiarezza da parte dello Stato, non solo a livello normativo. Le Regioni devono sapere con esattezza quali sono i loro poteri, che, peraltro, devono essere accordati in base alle problematiche che riguardano i singoli territori. Oggi, invece, si verificano diverse sovrapposizioni a livello decisionale e normativo, che lasciano veramente poco spazio alla chiarezza, creando lacune decisionali o comunque incomprensioni. So­prattutto durante l’emergenza, ci si è resi conto che il cittadino deve fare i conti con un’autentica giungla normativa che crea confusione e disorientamento. Agli italiani dovremmo garantire chiarezza e puntualità delle norme».

Da ministro, lei aveva la delega alla famiglia. Come giudica l’attenzione riservata a questo settore dal Governo?
«Ho percepito diffidenza di alcune forze politiche nell’affrontare alcune tematiche riguardanti le famiglie. Per­altro, molte nostre proposte non sono state prese in consi­de­razione per ragioni culturali, di pregiudizio. In generale, per poter mettere in atto vere e proprie politiche familiari occorrono risorse. Risorse che ora, in questo contesto emergenziale, c’erano e consentivano di effettuare investimenti a favore di questo comparto. Tuttavia il Governo ha preferito optare per il “metodo a pioggia”, cercando di garantire un contributo a tutti e di non scontentare nessuno. In questo modo, però, si è persa l’occasione di compiera una scelta strategica e progettuale a favore delle famiglie, nonostante, come dicevo, le risorse per farlo ci fossero. È un peccato anche perché le famiglie, venendo a mancare il tassello educativo garantito dalla scuola, sono state penalizzate».

Anche il settore della giustizia ha mostrato criticità, vero?
«Il problema principale della giustizia è quello relativo alla lungaggine dei tempi. Sia in campo civile che in quello penale occorrono risposte tempestive. Oggi, si sta affrontando la problematica legata alla lentezza dei processi in maniera errata: l’atto d’accusa non equivale a una sentenza definitiva. Deve sempre valere la presunzione di innocenza. In generale, occorre accelerare i tempi dei processi e trovare rimedi per rendere la sentenza molto più vicina dal punto di vista temporale alla chisura delle indagini; altrimenti, si corre il rischio che vengano ribaltati i canoni del processo».

La recente riforma dei tribunali è stata efficace? Ci sono possibilità che il tribunale di Alba possa riaprire?
«Onestamente credo sia molto difficile che il Governo faccia retromarcia rispetto a una scelta assunta ormai da più di otto anni. Detto questo, ho sempre ritenuto un errore quella riforma perché una “capilarizzazione” della giustizia è importante. Peraltro, per rendere efficace una riforma, occorre adottare meccanismi che, in questo caso specifico, non sono stati previsti, a scapito chiaramente della riforma medesima».

Sta studiando per diventare ministro della giustizia?
«No (ride, ndr). Continuerò a impergnarmi sul fronte della “tecnica” legislativa, dando un contributo a trasformare le idee in norme».

BaNNER
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