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Franco Graglia: «La mia forza? Fede e famiglia»

Il Vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte si racconta dopo essere stato ricoverato in ospedale per 157 giorni

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Centocinquantasete. Difficili anche solo da pronunciare, so­no i giorni che Francesco “Franco” Graglia ha trascorso nell’ospedale “Santa Croce e Carle” di Cuneo.

Un calvario, inaspettato, lungo e doloroso, che ha messo a dura prova il Vicepresidente del Consiglio regionale del Pie­monte. Tutto è iniziato a fine ottobre quando Graglia ha avvertito, inizialmente in mo­do sporadico, fitte alla parte bassa dell’addome.

In poche ore, quel dolore si è fatto lancinante ed è diventato insopportabile tanto da rendere necessario il ricovero in ospedale. Qui è iniziato il dramma personale di Graglia e della sua famiglia: un mese in coma farmacologico, poi l’intervento chirurgico e, infine, la lenta ripresa, resa ancora più ostica dall’arrivo del coronavirus Covid-19, che ha creato preoccupazione anche all’interno del nosocomio cu­neese. La scorsa settimana, come riportato dal nostro giornale, le tanto attese dimissioni, che hanno messo il sorriso, oltre che ai suoi familiari e ai suoi stretti conoscenti, anche ai suoi concittadini di Cervere e ai tanti sostenitori sparsi in tutto il Piemonte e negli ambienti politici, specie di centrodestra.

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per porgergli i nostri migliori auguri di buona guarigione e anche per farci raccontare come avesse affrontato un momento così complicato. Dal­l’al­tra parte della cornetta il solito Graglia: seppure provato dalla lunga degenza, e non po­trebbe essere diversamente, ha risposto alle nostre domande mostrando la consueta tenacia. Insomma, il cammino verso il pieno recupero sarà pure ancora lungo, ma la forza d’animo non manca.

Franco Graglia, come si sente?
«I 157 giorni di ospedale si stanno purtroppo facendo sentire: sono ancora debole e mi stanco facilmente. Dopo pochi passi di camminata devo già fermarmi. I medici mi avevano avvertito del fatto che sarebbe servito molto tempo per ristabilirmi completamente ma, in cuor mio, pensavo o, forse, speravo di essere più avanti nel cammino di recupero. Mi sbagliavo. Peraltro, avrei dovuto effettuare un percorso di riabilitazione nella struttura di Bo­ves, ma ciò non è stato possibile a causa del coronavirus».

Ma cosa le è successo esattamente?
«Senza avvisaglie sono comparsi forti dolori all’addome: non avevo mai sofferto così tanto. Appena ricoverato, i medici hanno capito che si trattava di pancreatite acuta. Seppure fos­se comparsa all’improvviso, aveva già provocato una grave infezione che, oltre al pancreas, aveva interessato i polmoni. Con questo quadro sono stato fatto cadere in coma per essere curato; successivamente, sono stato operato».

L’ambiente e la serenità di casa la aiuteranno sicuramente a riprendere energie, non crede?
«Assolutamente sì: sono contento di essere potuto tornare a casa. È una buona notizia so­prattutto per il morale…».

Aveva perso la speranza?
«Sa, eccezion fatta per il primo mese di cui non ho ricordo perché ero tenuto in coma, ho passato quattro mesi a fissare una stanza di ospedale e un soffitto: quello era il mio mondo. Non è stato per nulla facile, anche perché mai avrei immaginato di dover restare lì così a lungo».

Quando ha sofferto di più?
«Oltre alla prima fase di degenza, resa particolarmente dura dal dolore e dalla pesantezza delle cure, il momento più complicato è stato l’ultimo, in cui, peraltro, non potevo nemmeno ricevere visite a causa del Covid-19. Le giornate non duravano 24 ore, bensì 48 e faticavo a intravedere la fine del tunnel. In certi momenti ho anche pensato al peggio».

Dove ha trovato la forza?
«Ho la fortuna, e non mi vergogno a dirlo, di essere un uomo di fede. Sapevo che dal cielo qualcuno mi avrebbe aiutato. Poi ho avuto la fortuna di avere sempre accanto la mia famiglia: mia moglie Sonia, mia mamma e mia sorella sono state eccezionali».

E come l’ha supportata il personale sanitario?
«In modo fantastico: mi hanno salvato la vita. L’ospedale “Santa Croce” è un’eccellenza. Ringrazio in modo speciale il dottor Andrea Tortore, la responsabile di rianimazione Nicoletta Barzaghi, gli anestesisti Stefania Musso, Paola Conte e Farhat Hassan, il direttore di medicina d’urgenza Giuseppe Lauria, il direttore di chirurgia generale Felice Borghi con il dottore Vincenzo Pruiti, il direttore di gastroenterologia Aldo Manca ed Elena Migliore, dottoressa di medicina interna».