«Nella mia vita credo di aver mai vissuto un momento così drammatico, tra l’altro accaduto all’improvviso, senza elementi che potessero far prevedere che la situazione prendesse questa china». Parole di Ferruccio Dardanello, presidente (ininterrottamente) della Camera di commercio di Cuneo da 27 anni e quindi più che mai titolato a condividere un punto di vista qualificato sulle conseguenze che questa emergenza sanitaria produrrà anche in campo economico.
«Avevamo tanto entusiasmo da mettere in campo per questo 2020, anche alla luce dei confortanti risultati che hanno fatto sì che il “modello Cuneo” diventasse non solo la locomotiva del Piemonte ma collocasse la nostra terra tra le aree più importanti sul piano della crescita del Paese», spiega Ferruccio Dardanello, prima di rispondere alle domande di IDEA.
In che condizioni usciremo da questa emergenza, presidente Dardanello?
«I riflessi di questo dramma non li so definire; in questo momento diventa difficile fare qualsiasi tipo di ipotesi. Sto ricevendo ogni giorno messaggi di grandissima preoccupazione, imprenditori che mi dicono “noi non ce la facciamo a stare in piedi, cosa potete fare per noi?” Più che sollecitare chi ha la possibilità di prendere provvedimenti di natura normativa, di natura economico-finanziaria e fiscale non possiamo fare. Facciamo sentire la nostra voce perché compromettere gli ultimi 50 anni della nostra storia sarebbe qualcosa di davvero deprecabile. In questo momento per capire come se ne può uscire e in che tempi, bisognerebbe avere la sfera magica. Ci troviamo di fronte a un nemico che non sai bene chi sia, del quale non sai le armi di cui ancora dispone e tutte le piccole frecce in nostro possesso servono a poco. Siamo all’interno di un’economia che gira su mercati internazionali e quello che succederà anche in altre parti del mondo avrà riflessi sulle vendite delle nostre produzioni, per questo è difficile immaginare gli scenari futuri. Non ho alcun tipo di ricetta, mi auguro che ognuno faccia la propria parte, che il mondo bancario dimostri disponibilità a valutare le necessità delle imprese, che lo Stato garantisca al 100% e non al 90, all’80 al 70%…».
Cosa serve al mondo del commercio in questa fase?
«Questa è la terza guerra mondiale con riflessi che nemmeno sappiamo bene dove ci porteranno. Occorre che il Governo azzeri tutta la burocrazia che condiziona ancora la nostra quotidianità. Persino per le mascherine vediamo quanto sia complicato abbattere questo “Moloch” della burocrazia che la fa ancora da padrone nel nostro paese. Occorrono iniezioni di fiducia a chi deve continuare a non abbassare la guardia per rimanere in piedi e addirittura per guardare avanti, facendo investimenti in grado di garantire loro il mantenimento di un alto livello di competitività. Inoltre, guardando alla Granda nello specifico, c’è bisogno che lo Stato provveda a darci quelle cose che a noi mancano, come le infrastrutture. Abbiamo fatto miracoli da soli in questi anni con sistemi infrastrutturali non all’altezza. I nostri concorrenti disponevano di strade, di aeroporti e di tutto quanto potesse accrescere la loro competitività, mentre noi operavamo in una situazione di oggettivo handicap, non tollerabile per un’area del Paese a economia avanzatissima, anche in ambito internazionale. Occorre che ci mettano nella condizione di essere ad armi pari con gli altri territori. Un sistema infrastrutturale adeguato è indispensabile non solo per mantenere competitività, ma chissà, un domani anche per attrarre nuovi investimenti. Oggi come oggi, nessuna impresa investe in un territorio che non disponga di tutte le caratteristiche indispensabili per lavorare al meglio».
Un’ultima domanda sulla reazione degli italiani all’emergenza. Dopo un primo momento caratterizzato da un po’ di leggerezza, pare abbiano capito la gravità della situazione.
«Da qualcuno è stato preso come un gioco, inizialmente; si percepiva la mancanza di sensibilità rispetto all’emergenza che si stava profilando e i messaggi drammatici non erano tenuti da tutti in debito conto. Oggi ormai dobbiamo aver bene la consapevolezza che rimanere un po’chiusi in casa può essere l’unica panacea per contrastare la diffusione dei contagi, che sono l’elemento scatenante dell’emergenza».
Dell’emergenza economica che scatterà dopo, invece, si sono accorti già gli operatori, forse non ancora appieno i cittadini.
«Dobbiamo avere la responsabilità di guardare al dopo, pensando a preservare il nostro mondo fatto di microimprenditori. La Granda ha un’impresa ogni 5 abitanti e mezzo, se la domanda del mercato non c’è, per chi andremo a produrre? La qualità dei nostri prodotti non è in discussione, occorrerà però lottare per fare in modo che il “Modello Cuneo”, per costruire il quale sono serviti decenni, non venga azzerato».