Cuneo: raccolto più di un milione dalle donzioni

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Non è un traguardo, ma soltanto un o­biettivo raggiunto. Obiettivo che, però, va al di là delle aspettative, per il (po­co) tempo in cui è maturato e per l’alta partecipazione popolare registrata.

Nei giorni scorsi la Fon­dazione A­zienda sanitaria o­spedaliera Santa Cro­ce e Carle Cuneo onlus ha reso noto di aver raggiunto il milione di euro di fondi raccolti. Una cifra destinata a crescere ancora e rispetto alla quale abbiamo chiesto una considerazione al direttore generale dell’Aso Santa Croce e Carle, Corrado Bedogni.

Direttore Bedogni, come si può commentare il raggiungimento di un milione di euro di fondi, in un arco di tempo piuttosto ri­stretto?
«Siamo contenti, non si può dire molto di più in questo momento se non un grande “grazie”». Si può aggiungere che la risposta di cuneesi e non solo dimostra quanto popolazione e a­ziende hanno capito l’importanza dell’ospedale di Cu­neo? «Credo testimoni quello che ho sempre detto: il territorio ha a cuore l’ospedale di Cuneo perché lo ritiene un punto fondamentale per la vita della comunità. Le tante donazioni con­fer­ma­no inoltre la fiducia ri­spetto al fat­to che le risorse vengano impiegate bene e che sia giusto dare autonomia all’ospedale».

Delle tante donazioni arrivate, ce n’è qualcuna che l’ha colpita particolarmente?
«Ci sono grandi aziende e anche privati che hanno donato cifre cospicue e a cui va tutto il nostro ringraziamento perché hanno permesso di acquistare apparecchiature di grande importanza che serviranno all’azienda ospedaliera al di là di questa emergenza, ma mi colpiscono altrettanto le tantissime persone che pur essendo la cifra non insignificante per le loro risorse, hanno donato qualche decina di euro, per sostenere concretamente l’ospedale».

Il bacino d’utenza che fa riferimento ai nosocomi dell’Aso va oltre i confini del capoluogo…
«Abbiamo specialità sovrazonali come neurochirurgia, chirurgia toracica, cardiochirurgia, la chirurgia vascolare, la terapia intensiva neonatale… Le strutture presenti anche in altri ospedali della provincia, poi a Cuneo si occupano di patologie complesse».

Vi siete fissati una cifra da raggiungere come Fondazione?
«È stata una sorpresa arrivare al milione, per giunta in tempi rapidi, per cui andiamo avanti senza fissarci un limite, ma lavorando su un elenco indicativo di attrezzature e attività che potremmo fi­nanziare con le risorse raccolte».

Rispetto all’emergenza sanitaria in corso è ottimista?
«Si inizia a vedere una luce in fondo al tunnel ma quanto sia davvero distante dipende molto da noi, da quanto riusciremo a ottemperare alle nor­me vigenti, che sono stringenti e dif­ficili da mantenere per lungo tempo, ma ne­ces­sarie per combattere que­st’e­­pidemia».

Il rischio “seconda ondata” è reale a suo avviso?
«Certo, può esserlo se non ci comportiamo in maniera corretta. È un rischio che si corre in tutte le epidemie, non solo nella coronavirus. Una volta raggiunta la fase di remissione dell’epidemia do­vremo tener in conto che si potranno presentare casi di ritorno e quindi mantenere alta la vigilanza. È chiaro che più andiamo avanti e più c’è la possibilità di trovare un vaccino, che è ciò che ci metterà davvero in sicurezza».

Comunque, in attesa del “nuo­vo” ospedale, possiamo dire che i “vecchi” si stanno comportando bene…
«Sicuramente, i “vecchi” stanno tenendo duro, soprattutto lo stanno facendo tutti gli operatori. Abbiamo stravolto le attività degli operatori, medici, infermieri, oss e anche degli amministrativi, sen­­za mai dover dare un ordine di servizio. I cambiamenti sono stati accettati in maniera professionale. Anche se la vita di tanti è stata cambiata in maniera notevole, la risposta è stata eccezionale».