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Dino Borri, un braidese a New York: “Qui c’è timore per il Covid-19, la città è relativamente vuota”

"Il mio cuore batte a Bra, sono un braidese ed ho anche diversi amici braidesi qui negli Stati Uniti. Pero voglio dirvi bravi, braidesi a Bra, per quello che state facendo e per come vi state comportando durante questa emergenza!"

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Il braidese Dino Borri, da 10 anni vive e lavora nella "Grande Mela"

L’11 marzo scorso il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato il Covid-19 come pandemia.

Gli Stati Uniti d’America sono al primo posto, nella “classifica mondiale”, per il numero di persone risultate positive al virus. Per parlare dell’emergenza sanitaria in corso ma “raccontata” da un italiano negli “States”, abbiamo raggiunto telefonicamente il braidese Dino Borri, trasferitosi nella “Granda Mela”.

Sono 10 anni che vivo e lavoro a New York e posso dire che questa città è diventata casa mia! Naturalmente con la tecnologia di oggi uno può vivere lontano, ma le notizie viaggiano in tempo più che reale. Soprattutto, in un momento come questo dove tutti fondamentalmente si è a casa, da essere negli Stati Uniti o da essere a Bra, tutti stiamo vivendo la stessa situazione e tutti ci stiamo informando con i mezzi di comunicazione. Parlando con i miei genitori e i miei amici a Bra, so che nessuno può uscire di casa salvo che per comprovate esigenze.

Dal punto di vista dell’essere italiani, ma fuori dall’Italia, praticamente abbiamo vissuto e stiamo vivendo l’emergenza sanitaria due volte. Quando è scattata in Italia, qui veniva vista e valutata in maniera diversa. Mi ricordo il periodo quando venivamo considerati gli untori, quando c’era leggerezza nel parlare dell’epidemia. Mi ricordo l’esodo italiano nel week-end del 7-8 marzo. Nel giro di 10-15 giorni, è diventata la stessa realtà anche qui. Io ritengo di aver vissuto due volte questo boom del Covid-19. C’era la preoccupazione di famigliari, amici, in Italia, poi vedi accadere la stessa cosa e poi senti amici americani. Quindici giorni fa parlavano come gli italiani un mese fa. Quest’alta mortalità in Italia è davvero triste, fa impressione.

New York è diventato uno degli epicentri mondiali del contagio, data la sua grandezza. Seguo molto gli interventi dei politici ma mi fido di Anthony Fauci, il capo dell’Istituto per le malattie infettive negli Usa. New York ha oltre 8 milioni di abitanti, lo stato di New York più di 19 milioni. Dalle statistiche, la penisola di Manhattan è un po’ meno toccata dal virus. La vera criticità è negli altri quartieri, come Queens e Brooklyn, dove c’è un’alta concentrazione di abitanti e di persone che hanno preso i mezzi pubblici per spostarsi. C’è timore, la città è relativamente vuota. La gente comunque sta a casa, tutti gli uffici sono chiusi, negozi e ristoranti sono chiusi.

Con Bra e i braidesi ho un contatto quotidiano. Bra ha una forte responsabilità sociale, propone tante iniziative, poi c’è dialogo tra Amministrazione e cittadinanza, specie in queste settimane particolari e mediante tanti organi di informazione e piattaforme. Ovviamente, in Italia e a Bra la preoccupazione dettata dall’emergenza sanitaria è per tutti, ma in particolare per le persone anziane. Il mio cuore batte a Bra, sono un braidese ed ho anche diversi amici braidesi qui negli Stati Uniti. Pero voglio dirvi bravi, braidesi a Bra, per quello che state facendo e per come vi state comportando!