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Fra innovazione, territorio e comunità sociale

Giandomenico Genta ha firmato con Alberto Franco un saggio dedicato al terzo settore

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Viviamo in una so­cie­tà sempre più complessa e veloce, fatta di grandi cambiamenti ed esigenze comunitarie frammentate e a volte di­ver­genti: l’iniziativa privata af­fronta ogni giorno le sfide della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica, mentre l’a­zione pubblica fa i conti con ca­renza di risorse e crescenti difficoltà burocratiche.
In questo scenario appare fondamentale l’azione del “terzo settore”, vale a dire del mondo “no profit”, che sempre più spesso affianca l’azione dello Stato nel supportare la comunità in numerosi settori, dall’i­struzione all’ambiente, alla sanità. è un campo in crescita, dal punto di vista sia degli addetti ai lavori che dei progetti attivi sul territorio nazionale: fondazioni di origine bancaria, associazioni, enti legati a grandi e piccole aziende, sono sempre più spesso attori fondamentali dell’azione sociale, catalizzatori di interventi pubblici e finanziatori di iniziative di redistribuzione.
La crescente importanza del comparto è raccontata nel volume “Innovazione, territorio e comunità-Il terzo settore nel terzo millennio” (“Nino Aragno editore”), curato da
Giandome­nico Genta, presidente della fondazione “Crc”, e Alberto Franco. Il saggio, accompagnato dalla prefazione di Giovanni Puglisi e dalla postfazione di Gio­vanni Quaglia, è arricchito dagli interventi di grandi personalità dello scenario socioeconomico del nostro Paese: Maria Franca Ferrero, Letizia Moratti, Giovanni Malagò, Carlo Pe­trini e Giovanni Ramonda.
è un’occasione per fare chiarezza su alcuni punti della recente riforma del terzo settore e per fornire un quadro completo ed esaustivo del mondo “no profit”, sottolineando buone pratiche, esempi di eccellenza e possibilità di sviluppo.
Per conoscere più da vicino il contenuto del libro e per avvicinarci al ruolo del privato sociale nel nostro presente, abbiamo intervistato Giandomenico Gen­ta per i lettori di “IDEA”.
“Innovazione, territorio e comunità” racconta, con rigore scientifico, ma linguaggio accessibile, l’importanza del terzo settore nel con­testo italiano, in un momento storico caratterizzato da grandi mutamenti. Cosa rappresenta per il tessuto so­cioeconomico del Paese?
«Il terzo settore, espressione diffusa per definire il mondo del “no profit” e del privato sociale, quello che non è quindi riconducibile né allo Stato, né al mercato, oggi è una risorsa fondamentale. Lo è sia per il sostegno che sa garantire al settore pubblico, nel campo della cultura, dell’istruzione, della ricerca, della sanità, del “welfare”, che ha visto negli ultimi anni diminuire notevolmente le risorse a disposizione, sia per far fronte ai grandi cambiamenti sociali ed economici che hanno investito la società, fa­cendo sorgere domande e istanze nuove. Temi quali la so­stenibilità ambientale e l’innovazione sociale sono esempi significativi delle sfide che si aprono di fronte a noi e che vedono il terzo settore attore sempre più strategico».
In particolare, le fondazioni di origine bancaria e le grandi aziende rivestono un ruolo sempre più importante di supporto all’azione pubblica, con il finanziamento e la realizzazione di progetti educativi, culturali e sportivi. è solo un modo per “restituire” alla società o anche un’occasione per costruire legami comunitari più profondi e inclusivi?
«In un periodo storico caratterizzato dalla crisi dei corpi intermedi e dalla necessità di ricollegare la politica e le organizzazioni del territorio ai cittadini, gli enti filantropici (e le fondazioni di origine bancaria in particolare) operano per ag­gregare e organizzare la società civile e migliorare la qualità della vita delle nostre comunità. Si tratta di un’azione, dunque, non solo, e non tanto, riparatoria o di restituzione, ma che investe energie, competenze e risorse economiche in tanti àmbiti: dalla difesa della dignità della persona alla promozione dei diritti, dalla gestione e innovazione dei servizi di “welfare” alla cooperazione internazionale, dalla tutela dei beni comuni, quali l’ambiente, le risorse energetiche, il patrimonio culturale, alla promozione dell’i­struzione e della ricerca. In­somma, oggi le fondazioni, e il terzo settore in generale, possono diventare uno degli attori principali nella creazione di un vero e proprio “welfare” di comunità, inclusivo e ampio».
Quali novità introduce la recente riforma del terzo settore?
«Il processo di riforma del terzo settore, che ha visto nel luglio 2017 l’emanazione del Codice che riordina la disciplina civilistica e fiscale degli enti non profit, si è reso necessario per regolamentare la frammentazione normativa che caratterizzava tale àmbito. Il Codice riunisce in un unico testo la maggior par­te della disciplina in materia “no profit” e nel nostro volume si può trovare un sintetico e accessibile riassunto delle principali novità».
Il cuneese è caratterizzato da un fertile terreno industriale. Alba, nel 2020, sarà “città della cultura d’impresa”. Che ruolo riveste il “no profit” nella Granda? E che rapporto c’è con il mondo della manifattura?
«L’impresa non può fare a meno del “welfare”. E la provincia di Cuneo è un territorio denso di esperienze e tradizione in questo àmbito, oltre che dal punto di vista della cooperazione sociale, per il volontariato, la solidarietà e la cooperazione. Non a caso, una delle testimonianza inserite nel vo­lume è quella di Maria Franca Fer­rero, moglie del compianto Michele che proprio ad Alba ha costruito non solo una delle aziende più floride del Paese, ma anche una tradizione di solidarietà e condivisione basato sul motto “Lavorare, creare, donare”. Nella nostra provincia abbiamo capito, più che in altri territori, l’importanza dell’aggregazione, dello stare insieme e del valore delle persone. è un terreno fertile su cui potranno crescere nuovi esempi di im­prese a impatto sociale».
Torniamo alla prima parola del titolo del vostro libro: “innovazione”. Cosa serve alla società per fare il salto verso il futuro? E quale ruolo svolge il mondo del “no profit”?
«L’innovazione è una leva es­senziale in qualsiasi settore. In­novare significa non solo rispondere in maniera inedita, ma anche saper cogliere le sfide che la società ci pone di fronte, per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo. È dunque facile capire che anche il mondo del “no profit” debba impegnarsi su questo terreno: l’azione delle fondazioni di origine bancaria può, in questo àmbito, essere un forte catalizzatore di energie e risorse».

BaNNER
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