Tutti e 38 i sindaci dell’alta Langa sul palco, in­sieme a Carlo Bo, pri­mo cittadino di Al­ba,
in­sieme ai re­latori dell’incontro con la signora Maria Franca Fer­rero e la nuora, Luisa Strumia. Ac­canto a loro in alto, la gigantografia della copertina del libro, con un Michele Ferrero sereno che vi­gila sulla sala, come un benevolo pa­dre di famiglia. L’ultimo istante pubblico nell’auditorium della fondazione “Pietro, Pie­ra e Gio­vanni Ferrero” basta da solo a re­stituire il senso della presentazione del volume “Mi­chele Ferrero e l’alta Langa-Un uomo, un’a­zien­da, un territorio, un amore senza fine”, freschissimo di stampa.
La serata organizzata per far conoscere il libro della “Uniart” e pensato per testimoniare il rapporto speciale tra il signor Michele e l’alta Langa fin da subito si è rivelata una sentita dichiarazione di riconoscenza nei confronti del visionario imprenditore che ha segnato in positivo i destini di queste terre, attivando negli anni Cinquanta un servizio di corriera grazie al quale le persone potevano lavorare in “Ferrero” continuando a vivere in collina e a occuparsi della campagna, evitando spopolamento e ab­bandono di quelle terre.
La serata, condotta dal noto giornalista di Me­diaset Beppe Gan­dolfo, originario di
Cor­te­milia, si è aperta con il saluto del segretario generale della fondazione “Ferrero”, Bartolo­meo Sa­lo­mo­ne, seguito dall’intervento mu­sicale di Luigi Barroero, intervistato anche nel libro, il quale, insieme a Carla Meriggio, ha acceso i ricordi di tanti in sala, rievocando la Langa che fu.
Dopo i saluti istituzionali del sindaco Carlo Bo (che ha ribadito il legame indissolubile tra Ferrero e territorio) e del presidente della Regione, Alberto Cirio («Sarà per noi motivo di orgoglio poter avere in libreria il volume con Michele Fer­rero in copertina, perché sarà come tenere in casa uno di noi, di cui siamo estremamente fieri», ha detto), Gandolfo, introducendo ogni domanda con la lettura di un passo di un libro di Beppe Fe­no­glio o
Ce­sare Pavese, ha interloquito con gli ospiti sul palco, partendo dall’editore della “Uniart”, Carlo Borsalino, il quale ha spiegato come abbia avuto l’idea del libro, a seguito della decisione di ognuno dei Comuni dell’alta Lan­ga di dedicare un luogo del proprio paese a Michele Ferrero.
Flavio Borgna, pre­sidente dell’En­te Fiera della nocciola e dei prodotti tipici dell’alta Lan­ga, ha precisato come Michele Ferrero sia «il personaggio storico più importante dal dopoguerra in avanti per la nostra Langa» e di come con questo libro «si lasci testimonianza di un uomo straordinario che ha tracciato il nostro futuro».
Roberto Bodrito, presidente dell’Unione dei Comuni dell’alta Langa ha sottolineato l’importanza per le nuove generazioni di avere esempi di questo calibro grazie a persone che hanno saputo vedere lontano, garantendo be­nessere anche alle generazioni future. È poi intervenuto il direttore della rivista “IDEA”, Claudio Puppione curatore del volume (che si avvale anche del contributo di Debora Schellino, autrice della parte dedicata ai 38 Comuni e delle interviste e delle immagini realizzate da Guido Galleano).
Il giornalista, precisando come in ogni pagina del libro aleggi la figura del signor Michele, non ha nascosto di sentirsi «onorato per l’incarico ricevuto dall’editore e per l’adesione ai contenuti del libro espresso dalla signora Maria Franca Ferrero e dalla Fon­dazione da lei presieduta».
In conclusione sono intervenuti coloro i quali hanno arricchito il libro con i propri contributi: Edoardo Borra della fondazione “Ferrero”, nonché vicepresidente centro studi “Beppe Fenoglio”, il pubblicitario Silvio Saffirio e il fotografo Bruno Murialdo, autore di alcune delle fotografie presenti nel libro e di un proprio testo.

«Possiamo solo dire grazie a Ferrero»

Mentre cercavo concetti e termini che non sapessero di ripetizione rispetto a quanto ho scritto, ho visto sul suo profilo Facebook le considerazioni di De­bora Schellino, valida coautrice di “Michele Ferrero e l’alta Langa”.
Involontariamente, mi ha risolto il “problema”.
Ecco le sue parole: «Ho provato a trasferire, nei capitoli a cui mi sono dedicata, un po’ della gratitudine verso il signor Michele respirata già da bambina. Ho raccontato molto di quei contadini di Langa e di quelle giovanissime donne di campagna ai quali la lungimiranza di Michele Ferrero ha permesso un’altra vita, insegnando che qualcosa di meglio era possibile. A loro e a noi, tutte le generazioni venute dopo. Un lavoro lungo e impegnativo, di cui mi resterà per la vita la consapevolezza che sia stato fatto con amore prima e con impegno poi. Michele Ferrero insegna che per fare bene il proprio lavoro lo si deve prima di tutto amare. “Possiamo solo dire grazie a Ferrero”. Mio nonno lo ripeteva a giorni alterni, un giorno una volta sola, quello dopo almeno due. Mio nonno che vent’anni dopo la pensione si alzava ancora da tavola quando il pullman dei dipendenti partiva da Niella Belbo, solo per affacciarsi alla finestra e guardarlo andare. Mio nonno che, quando si è spento, in un incidente agricolo, aveva addosso la divisa “Ferrero”. Semplicemente, vorrei che adesso fosse qui».
Mi pare dica tutto, anche al livello di non detto, assai meglio di come avrei potuto fare io.