Il “Presente” di Roncea è al “Baladin Open Garden” di Piozzo

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“Presente” non è un debutto, ma nemmeno un semplice capitolo aggiuntivo della carriera cantautorale di Nicolas J. Roncea, anche apprezzato musicista, forte di collaborazioni con alcuni componenti di band come “Marta sui tubi”, “Verdena”, “Perturbazione” e una delle anime del progetto musicale “Io monade stanca”. Intanto perché il disco pubblicato qualche mese fa è il primo scritto in italiano dal cantautore di origine franco-rumena, cresciuto tra Langhe e Roero dove vive tutt’ora, ma soprattutto perché pare aprire una strada artistica nuova, che si riconosce nel percorso partito nel 2012 con “Old toys”, continuato con “Eight Part One” e con “Roncea & The Money Tree”, ma che sembra desiderosa di correre rischi ancora maggiori rispetto al passato.

“Presente” è un disco per il quale sarebbe opportuno scomodare l’aggettivo “clamoroso”, da considerarsi in senso letterale, come “qualcosa capace di generare clamore”, di essere al centro dell’attenzione di un pubblico vasto. Un disco se non per tutti, perché introspettivo e mai scontato, almeno “per molti”, capace di farsi ascoltare con piacevolezza dalla prima all’ultima traccia, in cui testi e suoni sono il risultato di un attento lavoro di cesello costruito intorno a un’ispirazione genuina e vivida.

Il clamore, però, non lo si può generare a comando e spesso non è  nemmeno strettamente meritocratico, così “Presente” rimane una perla apprezzata, ma seminascosta all’interno del mondo della musica indipendente italiana, che torna a splendere ogni qual volta la si ascolta in digitale o, meglio ancora, dal vivo.

La prossima occasione per farlo a diretto contatto con l’artista è quanto mai imminente: mercoledì 7 agosto dalle 21 al “Baladin Open Garden” di Piozzo, i nove brani del disco saranno presentati dal vivo, in un concerto a ingresso libero.

In questa intervista concessa a IDEAwebtv.it, lo stesso Roncea fornisce qualche elemento in più per arrivare preparati alla serata.

Nicolas, partiamo da quello che forse è solo un dettaglio. Gli altri lavori discografici erano riconducibili a Nicolas J. Roncea, “Presente” invece, è un disco di “Roncea”… 

«In realtà il cambio da nome completo a solo cognome volevo farlo già da tempo e ho approfittato del cambio di lingua per metterlo in atto. Simboleggia un po’ anche il nuovo corso: sono sempre io, ma qualcosa è cambiato nel mio progetto. E poi è anche più semplice da ricordare».

Parli di nuovo corso, quindi la scelta dell’italiano non è un episodio isolato?

«Assolutamente no. Non voglio escludere a priori l’ipotesi di scrivere ancora canzoni in inglese, ma dopo questa esperienza così gratificante da molti punti di vista, che mi ha permesso di trovare anche un’empatia diversa con il mio pubblico, sarà difficile ignorare l’italiano. Sentire persone che cantano con me i miei brani durante i concerti in giro per l’Italia mi ha fatto un certo bell’effetto!».

È un cambio arrivato in questo momento per caso o per scelta?

«Da un po’ di tempo sentivo l’esigenza di provare a scrivere in italiano. I risultati mi sembravano convincenti, così mi sono confrontato con amici e altri musicisti di cui ho stima e anche loro mi hanno indotto a proseguire in questa direzione».

Che disco è “Presente”? 

«Ho voluto fare una fotografia del mio presente, che è un insieme di cose diverse, viste con il mio sguardo un po’ melanconico. C’è dentro la consapevolezza del bello e del brutto di questo momento della mia vita, in cui sono presenti le ombre del passato (che ognuno di noi penso abbia) e le aspettative per il futuro. Ci ho messo tre anni a concludere questo disco:  sono tornato più volte sui testi e più volte abbiamo arrangiato i brani. “Presente” è davvero il frutto di un lavoro impegnativo, di cui sono fiero».

Su Youtube c’è una versione “live” di uno dei brani del disco, “Fuggire lontano da qui” al “Sofar” di Milano con cui si entra in immediata empatia. Si può ottenere lo stesso risultato anche in un luogo meno intimo, come uno spazio aperto quale il “Baladin Open Garden” di Piozzo? 

«L’intento è quello, e devo dire che per ora ci siamo sempre abbastanza riusciti. Specie la traccia in questione a noi piace farla quasi sottovoce, creando quell’intimità che fa la differenza».

Dici “a noi piace” perché sul palco non sarai solo, vero?

«Siamo in quattro: ci sono io, c’è Manuel Volpe, che ha arrangiato i brani e dal vivo suona un organetto Farsifa e un basso a sintetizzatore. Poi c’è Simone Pozzi alla batteria e Giulia Provenzano alla voce. La peculiarità è che cantiamo tutti e quattro. In particolare Giulia non ci limita ai cori: è quasi come se cantassimo in due, sopratutto dal vivo».

Chiudiamo con un classico: perché dovremmo venire ad ascoltarvi dal vivo, al “Baladin Open Garden” di Piozzo o in una delle prossime date, piuttosto che farci bastare l’ascolto digitale? 

«Perché la musica è dal vivo che si fa. L’anima di un artista emerge da come si esprime sul palco. Il colore vero, le atmosfere vere le percepisci soltanto dal vivo. Il disco, in generale intendo, ti dà un sacco di altri vantaggi tecnici, ma è nella dimensione “live” che si coglie l’essenza di un musicista».