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Per frutta e legalità Coldiretti vuole la verità

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Alberto Cirio promette l’avvio dell’osservatorio regionale sulla filiera

“Frutta e legalità”, con incursioni anche nei temi dei prezzi e delle dinamiche della filiera agroalimentare in Piemonte, è stato il motivodell’incontro Coldiretti sulle criticità del comparto frutticolo, che ha visto la partecipazione dell’ex procuratore della Repubblica di Torino, Gian­carlo Caselli, del pre­sidente di Coldiretti Piemonte, Roberto Mon­calvo e del neogovernatore del Piemonte, Al­berto Cirio. A moderare il dibattito è stato Massimiliano Borgia, direttore del Festival del giornalismo alimentare di Torino e presidente del­l’associazione “Pensare il cibo”.

Erano presenti in sala anche il neoassessore regionale all’agricoltura, al cibo, alla caccia e alla pesca, Marco Protopapa, il direttore del­l’As­sessorato, Marco Galante, i con­­siglieri regionali Gianluca Ga­vazza, Sara Di Sabato e Ivano Mar­tinetti e il consigliere comunale di Torino Federico Mensi.

“IDEA” ha chiesto a Roberto Moncalvo qual è la situazione attuale del comparto frutticolo piemontese.
«È innegabile che questo comparto rivesta un ruolo importante per l’e­conomia del territorio con un fatturato in Piemonte di oltre 500 milioni di euro sui 4 milardi complessivi italiani, impiegando più di 8.000 imprese, con oltre 18.000 ettari e un ruolo preponderante della provincia di Cuneo e in parte di quella di Torino. Il comparto da troppo tempo subisce prezzi molto bassi, che non coprono i costi di produzione, e soffre a causa di tempi di pagamento estremamente dilatati che arrivano a trecento giorni, costringendo le imprese a far da banca e a esporsi fortemente dal punto di vista economico. Il “focus” che abbiamo sollecitato con forza è servito a fare chiarezza e a smascherare quanto sta avvenendo lungo la filiera in questo momento di forte criticità a cui si aggiungono gli effetti dell’embargo rus­so, delle barriere strutturali e tariffarie che rallentano l’export e di alcune importanti malattie, come la batteriosi del kiwi».

Il titolo del convegno “Frutta e legalità-Operazione verità” è senza dubbio molto incisivo…
«Da molti anni Coldiretti ha scelto convintamente di usare la leva della legalità, perché siamo certi che essere i produttori del miglior cibo significhi essere bravi a lavorare, a rispettare l’ambiente, le norme legate alla sicurezza alimentare, e, non ultimo, rispettare i nostri lavoratori. E, noi per primi, dobbiamo combattere tutte quelle situazioni che vanno nella direzione opposta. Testimonianza di questo impegno da parte di Coldiretti, sin dal 2014, è l’Osservatorio agro-mafie presieduto da Giancarlo Caselli, nato proprio con un intento propositivo, per mettere a fuoco con semplicità ciò che non funziona, ma soprattutto per offrire soluzioni concrete al fine di migliorare la vita delle nostre imprese. Sulla frutta c’è da fare una grande operazione di verità, perché noi non ci siamo mai sottratti al fatto che c’è qualcuno, anche nel nostro Pie­monte, che non sta rispettando le regole. È un qualcuno ed è un’eccezione rispetto a un sistema di imprese che è sano, onesto e che la­vora rispettando le regole».

Attraverso l’Osservatorio agro-mafie, come Coldiretti, vi siete fatti promotori di una legge dura come quella sul caporalato…
«Verissimo. Essa colpisce però solo le imprese agricole e non chiama alla responsabilità chi sta a valle della filiera: i commercianti, la gran­de distribuzione organizzata che, quando pagano il prodotto al di sotto del costo di produzione, stanno in qualche modo creando le condizioni affinché prosperino nuo­ve condizioni di sfruttamento. Oc­corre, allora, fare una grande “operazione verità” legata ai numeri del comparto che vede non poche realtà impegnate nella produzione di più di una varietà di frutta… Appena pochi giorni fa abbiamo festeggiato, come Coldiretti, il passaggio alla Camera della legge che dice “no” alle aste “on-line” al doppio ribasso che alimentano fenomeni come il caporalato e danneggiano tutta la filiera. Ma la realtà attuale è ancora diversa. Sullo scaffale della grande distribuzione organizzata (Gdo) la frutta ha un costo molto alto, ma al produttore viene riconosciuto un costo inferiore a quello di produzione».

Qualche esempio?
«Per la mela venduta in media a 1,49 euro al chilo è riconosciuto al produttore un costo di 30 centesimi con un costo di produzione di 37 centesimi; la pesca nettarina venduta a poco meno di 2 euro il chilo e liquidata a 25 centesimi ha un costo di produzione pari a 48 centesimi. Sono numeri che fanno capire la situazione del comparto a cui si sommano altri fattori come i produttori che a Pasqua del 2019 non erano ancora stati pagati per il prodotto del 2018. Questo non è forse sfruttamento? È basilare riparlare di prezzo per consentire alle aziende agricole di far bene il proprio lavoro. Parlare di responsabilità sociale piace in comunicazione, però penso debba essere ac­compagnata da fatti reali».

Lei chiede attenzione alla Gdo, ma anche ad altri soggetti corresponsabili nella filiera…
«Ci sono le organizzazioni di produttori (Op) che hanno la possibilità di utilizzare fondi pubblici dell’Unio­ne europea a vantaggio dell’ortofrutta, le strutture di condizionamento, o le società commerciali… Analizzando a fondo il comparto si scopre che spesso i produttori de­vono sottostare a comportamenti mes­si in atto da quattro soggetti che governano la filiera del nostro Pie­monte, detenendo l’81% del valore della produzione, che si avvicinano sempre di più ai meccanismi che regolano le agromafie».

Alla luce di queste denunce, quali sono per Coldiretti le priorità da mettere subito in campo?
«Per prima cosa è indispensabile attivare immediatamente un osservatorio regionale su prezzi e dinamiche della filiera della frutta piemontese. Poi servirà bloccare i fondi pubblici per le imprese della filiera che attuano pratiche commerciali sleali; lanciare una campagna di promozione per sostenere il consumo della frutta piemontese; vietare la cessione dei prodotti agricoli con prezzi inferiori ai costi di produzione; fermare le aste a doppio ribasso che provocano pesanti distorsioni e speculazioni lungo la filiera aggravando gli squilibri della distribuzione del valore; prevedere l’etichettatura obbligatoria per l’ortofrutta trasformata; ri­muovere il segreto di Stato sulle im­portazioni; eliminare le differenze normative e di mercato all’interno dell’Unione europea; bloccare l’import dei prodotti extraeuropei trattati con pesticidi vietati in Italia e raccolti con forme diffuse di sfrut­tamento dei lavoratori e aprire nuovi sbocchi di mercato a livello internazionale.

Il nostro ruolo è quello di monitorare affinché le istituzioni preposte a questi compiti diano concrete risposte e segnali immediati rispetto a quanto abbiamo chiesto per sostenere la nostra frutticoltura che riveste un ruolo im­portante nello scenario economico del territorio».

Il presidente della Regione Pie­mon­te, Alberto Cirio, intervenuto nel cor­so dell’incontro, ha accolto le istanze proposte e ha ribadito: «Da­remo vita in tempi brevi a un osservatorio regionale sui prezzi e sulle dinamiche della filiera che, in collaborazione con il Comitato scientifico dell’Osservatorio agromafie presieduto da Gian Carlo Caselli, possa mettere in atto un progetto concreto al fine di controllare che tutti gli attori svolgano il proprio compito. La­voreremo a un Psr che non sia solo regionale, ma che valga per tutto il nord-ovest e che possa riconoscere delle premialità per le a­ziende che si impegnano a utilizzare prodotti veramente piemontesi. Inoltre investiremo sulla comunicazione, perché la qualità dev’essere percepita da chi compra e, per apprezzarla, è fondamentale innanzitutto conoscere le produzioni del territorio».

BaNNER
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