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Attualità degli ideali della massoneria

Leo Taroni, sovrano gran commendatore del Rito scozzese antico e accettato, e la società odierna

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1979

Non si può certo dire che nel nostro Pae­se la massoneria go­da di “buona stam­pa”, anzi periodicamente viene ad­ditata quale responsabile principale di quasi tutti i mali.
Vi è qualcuno che intravede l’ombra dei “fratelli” dietro tutti i complotti più funesti per l’Italia di svariati decenni e non mancano proposte per la messa al bando dell’organizzazione.
I massoni si difendono ribadendo la liceità del proprio operato e la specchiatezza degli ideali da coltivare, negando di essere una so­cietà segreta dedita a oscuri maneggiamenti e sostenendo di subire vere e proprie persecuzioni che durano da secoli.
Siccome il compito di un giornale dovrebbe essere far sentire le diverse “campane” e non emettere sentenze precostituite, ecco la “ratio” di questa intervista.
Leo Taroni rappresenta il vertice della Piramide rituale scozzese, che dal quarto arriva sino al trentatreesimo grado, ovvero l’evoluzione e il perfezionamento del pensiero massonico dei primi tre gradi della cosiddetta massoneria simbolica. Contando sul bagaglio culturale del Sovrano Gran Commendatore quale strumento di analisi, gli abbiamo proposto alcune domande.
Benedetto XVI parla di “collasso morale” dell’uomo e della Chie­sa, indicandone la causa nella rivoluzione dei costumi a partire dalla contestazione del ’68. Um­berto Galimberti ha indicato nel­la corruzione dei costumi e nella perdita della disciplina la causa della decadenza della civiltà. Qua­­l è, secondo il punto di vista del massone, la cura al problema e… ne esiste una?
«Non penso che vi sia una rivoluzione dei costumi, bensì un’involuzione, con la totale mancanza di princìpi o, peggio ancora, la loro dispersione in turpi baratti quotidiani. Mi spiace che il Papa emerito riscontri un collasso mo­rale nella sua Chiesa, manifestatosi peraltro con i recenti casi, am­plificati dai media, nei quali è stato coinvolto il clero in diverse parti del mondo, con il conseguente esborso di considerevoli somme per risarcire i danni mo­rali e fisici subìti dai fe­deli. Non ritengo che la corruzione dei costumi e la perdita della disciplina siano le concause della decadenza della civiltà. Penso, piuttosto, che siano le risultanze della perdita dei valori di rispetto e di educazione morale e civile che do­­vrebbero albergare in ogni nu­cleo familiare. Esso è rappresentabile come una loggia: è ne­ces­sario che i genitori diano princìpi, linee guida (in massoneria sono i “landmarks”), così co­me in loggia i nostri fratelli sono amorevolmente, ma co­stan­te­men­te e seriamente, seguiti dal proprio maestro venerabile. Non possono essere formati buoni cittadini, se il nucleo originario non educa al principio di reciprocità. Un tempo, mio padre mi ribadì: “La tua libertà termina dove inizia la libertà al­trui”. Nel mondo profano, sento spesso di­scettare impropriamente sull’importanza della tolleranza. Il vocabolo si pre­sta a varie interpretazioni, la più frequente delle quali è quella di essere indulgenti con gli errori o i difetti altrui. Non a­mo questa in­terpretazione, perché è deviante rispetto a ciò che intendo per li­­bertà, la quale presuppone la re­ciprocità. Nei miei lontani stu­di sentivo af­fermare: “Mens sana in corpore sano”. Come possiamo pretendere che il mon­do funzioni se alla ba­se c’è il “caos”?».
Nel 2016, l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha indicato l’Italia co­­­me ultima in Europa per la com­prensione dei testi scritti, cioè per la capacità di lettura dei cittadini. Qual è il suo giudizio?
«A fianco di quanto appurato dal­l’Ocse, secondo gli ultimi dati del­­l’Istat (Istituto nazionale di sta­tistica), i giovani italiani usciti dalla terza media hanno un tasso di ignoranza preoccupante, so­prattutto per quanto concerne la comprensione e l’analisi di un te­sto letterario e la capacità di ri­solvere problemi matematici. Se­condo il rapporto Sdg
(Su­stai­na­ble development goals), il 34% degli studenti al terzo anno della scuola media “non raggiungono un livello sufficiente di competenza alfabetica”. A livello grammaticale, gli errori sono più frequenti, facilitati dall’uso massivo del linguaggio digitale che sta
rim­piazzando l’italiano letterario (“xké” al posto di “perché”, “cmq” al posto di “comunque” ed “emoticon” a non finire). Il de­pauperamento grammaticale si riflette a livello di contenuti. Il rapporto Sdg de­nuncia che i giovanissimi italiani riescono a de­codificare solo bra­ni semplici e con informazioni esplicite. Se devono analizzare un testo nella sua globalità ed estrapolarne i significati non espliciti, restano spiazzati. La mancanza di strumenti
po­trebbe essere im­putata all’avvento dei “social”, amatissimi dagli adolescenti, che fanno dell’istantaneità la principale for­ma di esistenza. Di conseguenza i contenuti che richiedono più di pochi secondi per essere metabolizzati escono dal campo di interesse, a discapito della capacità di analisi e di approfondimento dei giovani. I dati sono tanto più al­larmanti, se si considera che l’i­struzione figura al quarto posto dei 17 o­biettivi della vita economica e so­ciale del sistema Italia, secondo l’Istat. L’“istruzione di qualità per tutti” è subordinata alla lotta alla po­vertà, alla lotta alla fame e per il benessere e la salute. Come sempre, la soluzione del problema consiste nella valutazione della sua priorità. Senza il continuo
ag­gior­na­men­to culturale, per­marranno povertà e fame. Il benessere e la salute sono indissolubilmente connessi alla di­spo­nibilità ad apprendere, a scoprire le po­tenzialità della mente alle conquiste economico-sociali a cui può condurre un pensiero educato dall’arte, dalla letteratura e dalla scienza».
Cosa pensa dell’aumento del nu­­­mero dei ragazzi tra i 14 e 19 anni che tentano il suicidio?
«Ho letto che, secondo l’Osserva­torio nazionale adolescenza, i tentativi di suicidio da parte dei “teen-ager” dal 2015 al 2017 sono quasi raddoppiati. E il 24% degli adolescenti avrebbe pensato, almeno una volta, a un gesto estremo. L’adolescenza è un pe­riodo dello sviluppo in cui av­vengono importanti cambiamenti: nel corpo, nei pensieri e nei sentimenti: si è preda di forti sentimenti permeati dalla confusione e dalla paura. Per al­cuni i normali cambiamenti del­lo sviluppo, se aggravati da altri eventi familiari o amicali, possono essere sconvolgenti. I problemi possono sembrare trop­po difficili o imbarazzanti da superare, e il sui­cidio può ap­parire una soluzione. è anche un modo per ri­chiamare l’attenzione degli
a­dulti, se ci si sente abbandonati da questi! Oltre a questi elementi psi­cologici sono presenti, a mio avviso, fattori esterni deflagranti. Quanto incide il bullismo? Come reagisce l’adolescente a questi at­ti di so­praffazione fra compagni? Qual­siasi tipo di risposta, aggressiva o passiva, potrebbe far provare al ragazzo un senso di incapacità. Dunque è necessaria un’incisiva opera di prevenzione. Il riconoscimento e l’intervento precoce nei disturbi psicologici adolescenziali da parte dei genitori costituisce il mezzo più efficace per prevenire il suicidio. Essi, co­­stituenti il nucleo fondamentale dell’avvenire dei fi­gli, devono saper “a­scoltare” e aprire un dialogo co­stante. Non si può de­legare la re­sponsabilità genitoriale».
L’umanità ha commesso errori terribili, taluni riconosciuti co­me tali a “posteriori”, legati da un lato all’oscurantismo culturale e dall’altro a interessi economico-politici o co­mun­que di potere: l’esempio di Giordano Bruno è paradigmatico. Della mas­soneria si conosce poco, e spesso solo quanto i de­­trattori fanno filtrare. Forse al­tri Gior­da­no Bruno saranno giustiziati sul­l’altare del politicamente corretto, tuttavia aprirsi al mon­do co­mune facendosi co­noscere è lo strumento per far comprendere il messaggio della massoneria e vincere l’intolleranza.

BaNNER
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