Quando, nel 1985, conobbi Niki Lauda, lui aveva trentasei anni ed era campione del mondo. Viveva, quando il tempo glielo permetteva, in una villa a Santa Eulalia del Rio, a Ibiza.
Era sempre vestito impeccabilmente da ragazzo di buona famiglia, con la giacca e il pullover, così perfetto che sembrava uscito da una scuola inglese. La bruciatura al volto non faceva troppa impressione, essendo lui ancora giovane e tenendo sempre il berretto calcato sulla testa. Anzi, gli donava lo “charme” dell’uomo “vissuto” come la cicatrice di un ussaro o la gamba di legno di un pirata.
Quando entrò in casa, la prima volta che lo incontrai, un certo gelo calò sui presenti, come all’apparire di un re o di un capufficio con il quale è meglio non farsi cogliere in fallo.
La moglie, Marlene Knaus, lo intratteneva con la sua spiccata esuberanza, piuttosto curiosa abbinata a un uomo pacato come il marito. La casa del pilota era straordinariamente vuota di ogni suppellettile superfluo, come sarebbe piaciuto a Steven Jobs, perché forse ai geni, in qualsiasi maniera si esprimano, non piace la concorrenza degli oggetti. Mentre camminavamo per Ibiza, alcune persone chinarono il capo e lo salutarono con reverenza.
Il figlio più grande, Mathias, che camminava di fianco a lui, si voltò verso il padre e disse: «Ma papà, perché ti salutano?».
Un giorno, mentre sorseggiavamo un the in un bar, si avvicinò un signore con la giacca di cuoio, adesivi incollati sulla giacca e un paio di jeans. Pareva sceso da una Harley-Davidson del far west.
Niki disse qualcosa in inglese e l’altro si illuminò e prese mentalmente nota.
Quando andò via Niki mi domandò: «Sai chi è ?». Io dissi che non lo sapevo. «è Keke Rosberg. Appena faccio qualcosa, lui fa qualcosa di simile. Io sono venuto ad abitare a Ibiza, lui è venuto ad abitare a Ibiza. Io mi sono comprato un fuoristrada Mercedes, lui si è comprato un fuoristrada Mercedes. Io mi sono costruito una villa a Santa Eulalia, lui si è
costruito una villa a Santa Eulalia. Adesso gli ho detto che ho comprato una tal cosa e
vedrai che lui comprerà quella tal cosa».
Niki aveva una profonda cultura meccanica, ma poca cultura letteraria, storica o geografica. Come per gli ammenicoli in casa, sapere che Giulio Cesare era stato colpito da ventitré pugnalate anziché quattro, o piazzare bene il Ruwenzori sul mappamondo, era solo un aggravio e una nebbia tra la sua mente e il tachimetro.
L’aerodinamica dei geni spesso aborre gli orpelli.
Quando tornai in Italia, mi offrì un passaggio sul suo aereo.
«Ti lascio a Salisburgo e poi prendi il treno per Milano», disse. Accettai con piacere, così
come avrei fatto anche avessi dovuto andare a Roma.
Sull’aereo prese posto anche la tata dei ragazzi, la “Schwester”, che tornava a casa per le ferie. Sedette in fondo al “Lear jet”, aprì il libro, e non staccò gli occhi dal volume fino a quando l’aereo atterrò in Austria.
Il suo comportamento indifferente mi ricordò la visita di un professore tedesco a una scuola media italiana prima della guerra: passò un aereo e tutti i ragazzi si alzarono gridando dai loro banchi e andarono a piantare il naso all’insù per vedere il velivolo.
Il professore tedesco commentò: «Da noi ciò non succede. I nostri ragazzi restano al loro posto e non voltano neanche la testa».
Quando atterrammo a Salisburgo e uscimmo dalla dogana, fummo salutati con rispettosa, ma contenuta deferenza dai doganieri, che ci trattarono come una spedizione diplomatica ai cui membri non si chiedono i documenti. Ringraziai e mi congedai dal pilota e fui avvicinato da un taxista austriaco che con perifrasi partenopee cercò di convincermi che andare con lui a Milano in macchina sarebbe stato molto più economico che andare in treno.
Vittorio Sportoletti, scrittore, viaggiatore e tante altre cose, in questo accattivante testo ricorda a modo suo Niki Lauda, con il quale ebbe una duratura amicizia. Il pilota di Formula 1, nonché imprenditore e dirigente sportivo austriaco è deceduto a Zurigo, all’età di 70 anni. Lauda nel Gran premio di Germania del 1976, sul Nürburgring, ebbe un incidente gravissimo fu salvato da morte certa da Arturo Merzario. Le fiamme però gli deturparono il viso. Nel 1979 fondò la “Lauda air”, nel 2012 assorbita da “Austrian airlines group”