Braccianti stranieri sfruttati e sottopagati nel saluzzese: tre arresti

Operazione condotta dalla Digos insieme ai carabinieri dell'Ispettorato del Lavoro e allo Spresal: ai domiciliari due imprenditori, in carecere l'intermediario

0
671

Pagati 5 euro all’ora, costretti ad orari estenuanti e a vivere dividendo una stanza con 40 persone. Così venivano sfruttati i braccianti africani impegnati in diverse aziende ortofrutticole del saluzzese. A scoprire la rete di caporalato l’operazione condotta dalla Digos con la collaborazione del Nucleo Ispettorato del Lavoro dei carabinieri e dello Spresal dell’Asl Cn1 e coordinata dalla Procura. Diverse le aziende coinvolte, tutte facenti capo a due soggetti, che sono ai domiciliari. In carcere invece lo straniero che agiva da intermediario, conosciuto da tutti come Momo, il nome scelto per questa operazione.

Almeno 19 i braccianti per i quali, al momento, è stato accertato lo sfruttamento messo in atto dall’organizzazione, che si basava sulla figura del caporale, Momo, un africano in Italia dal 2012. Era lui che teneva i contatti con le aziende e che reclutava i lavoratori, ai quali venivano stipulati dei contratti fittizi, nei quali risultava l’impegno per alcuni giorni, quando in realtà il lavoro veniva effettuato per mesi, anche per 10 ore al giorno. Della paga, pari a 5 euro all’ora, una parte finiva nelle tasche del caporale. Il lavoro veniva richiesto anche nei giorni festivi, con mansioni per cui non c’era stata alcuna formazione. In alcuni casi veniva offerto ai lavoratori vitto e alloggio nella sede amministrativa delle aziende, dove i braccianti erano costretti a stare in 40 in una stanza, pagando anche una “quota” che veniva trattenuta dallo stipendio.

“Le indagini sono cominciate a metà della scorsa estate – ha spiegato il sostituto procuratore Chiara Canepa durante la conferenza stampa convocata in Questura per fornire i dettagli dell’operazione -. Inizialmente siamo partiti da segnalazioni e da alcuni sospetti, poi siamo arrivati all’intermediario: l’analisi dei tabulati telefonici è stata determinante ai fini delle indagini”. Le intercettazioni hanno fatto emergere il ruolo di Momo, che chiamava con pochissimo preavviso e in qualsiasi orario i lavoratori, servendosi anche di alcune chat su whatsapp. Per eludere i controlli, ai braccianti venivano consegnati dei bigliettini con le istruzioni sulle cose che dovevano dichiarare.

“E’ stato fatto un ottimo lavoro di squadra – ha commentato il procuratore capo Onelio Dodero -. Quello del caporalato è un fenomeno indegno, e dobbiamo renderci conto che è ben presente anche in questa terra, non solo al sud. C’è da scandalizzarsi per come venivano sfruttati questi lavoratori, che non venivano trattati da esseri umani. E’ una vicenda vergognosa che ci preoccupa in vista dell’imminente campagna. Ma noi non ci fermeremo: è una promessa, non una minaccia”.

“Questa operazione fa capire una volta di più quanto l’attenzione sia alta sul tema della manodopera clandestina – ha aggiunto il questore Emanuele Ricifari -. Sappiamo che qui c’è un’economia florida, ma sappiamo anche che agli imprenditori spesso non basta la manodopera locale”.

Presenta anche Santo Alfonzo, direttore Spresal Asl CN1: “A colpire in questa vicenda è la sistematicità dell’organizzazione: erano ad un livello molto elevato, quasi mai riscontrato in questa realtà”.