Occorre mettere al centro l’uomo, oc­corre che l’impresa, oltre che al pro­fitto, miri anche a fare bene al­la società. Occorrono un’economia, e in generale un mondo, più etici. Sono gli spunti che ar­rivano dal convegno indetto al teatro “Mag­da Olivero” di Sa­luz­zo, dal titolo “Etica, economia e responsabilità sociale dell’impresa”, organizzato dal­la Diocesi saluzzese e dalla Ca­ri­tas diocesana con la collaborazione del Campus di management ed economia-Sede di Cu­neo e del Laboratorio di management e cultura e con il patrocinio del Comune di Saluzzo, della Provincia di Cuneo, del­l’Accademia italiana di economia aziendale (Aidea) e del Di­par­timento di economia e ma­na­gement dell’università “Fe­de­rico II” di Napoli.
Sono stati interessanti e di grande attualità gli argomenti trattati e di assoluto livello i relatori che sono intervenuti, di fronte a una platea formata da studenti, ma anche da numerosi rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell’ordine e del mondo produttivo del territorio.
L’ospite più illustre è stato l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, a cui è spettata la prolusione introduttiva del convegno. Prima e dopo la sua “lectio”, che sunteggiamo nel box, si sono susseguite ri­fles­sioni e spunti interessanti sul tema dell’incontro: la responsabilità sociale ed etica delle imprese nell’economia attuale.
Introdotti da Luigi Salvatico, presidente del Comitato etico dell’Aso “Santa Croce e Carle” di Cuneo, hanno portato i loro saluti il sindaco della città del Marchesato, Mauro Calderoni («Questo convegno è un’occasione unica per affrontare tematiche davvero importanti»), il presidente della Pro­vin­cia, Federico Borgna («I profondi cambiamenti che stiamo vivendo vanno affrontati con il giusto approccio e tenendo conto di questi argomenti così determinanti”) e il presidente della fondazione “Crc”, Gian­domenico Genta.
La professoressa Milena Vias­sone ha parlato del ruolo im­portante del Campus di management ed economia di Cuneo di cui è coordinatore: «Abbia­mo una grande responsabilità sociale perché formiamo la classe dirigente di domani e lo facciamo mettendo al centro le persone».
Il responsabile del progetto im­prenditoriale “Michele Fer­re­ro” (articolato in tre imprese
so­ciali in Cameroun, Sudafrica e India), Osvaldo Lingua, ha ri­cordato le illuminanti intuizioni avute dal grande industriale albese sui temi di responsabilità sociale ed etica: «è stato un precursore: riuscì a capire pri­ma di tutti che la sinergia tra territorio e impresa avrebbe potuto portare vantaggi a en­trambi e che l’attenzione ai la­voratori rappresentava un valore aggiunto per le aziende».
A chiudere gli interventi introduttivi sono stati i professori Antonello Monti e Giuseppe Tardivo, che è anche il fondatore del Campus di management ed economia di Cuneo: «Vivia­mo un’epoca caratterizzata dalla grande incertezza», ha detto Tardivo. «In questa situazione è molto importante il tentativo di superare l’ottica tradizionale manageriale basata sul mero profitto, per ribadire in­vece la centralità della persona nell’impresa sociale».
Ha fatto seguito la tavola rotonda, moderata dal direttore del quotidiano “Avvenire”, Marco Tarquinio, con la partecipazione del vicepresidente della Cei (Conferenza episcopale italiana) per il nord Italia, mons. Franco Giulio Brambilla, del presidente della fondazione “Crt”, Giovanni Quaglia, del presidente dell’Accademia italiana di economia aziendale, Gaetano Aiello. e di un’imprenditrice del territorio, Luisa Fran­dino (“Sedamyl”).
A rompere il ghiaccio è stato monsignor Brambilla, parlando di “etica del dono” che «non porta solo a rispondere a un bisogno e a conferire dignità al bisognoso, ma anche a liberare dal bisogno stesso».
La medesima operazione che spetta all’impresa sociale: «Dal­l’interno libera dal bisogno i propri “partner”, creando partecipazione. è questa la responsabilità sociale dell’azienda, che include tutti i soggetti e li rende partecipi dell’impresa».
«Abbiamo bisogno di mettere la società in mezzo alla politica e all’economia», ha dichiarato Quaglia. «Cosa significa? Ripar­tire dalle comunità, avere a cuore le società di mezzo.
Bi­sogna mettere al primo posto il bene comune, cioè il “Noi”».
E, parlando delle imprese, ha citato la “Ferrero” di Alba: «è l’esempio che quando i lavoratori vengono coinvolti nella gestione dell’impresa, la risposta è sorprendente: dopo l’alluvione del 1994, vidi i lavoratori scavare nel fango per far tornare l’azienda alla normalità il prima possibile».
Per Aiello non ci possono essere dubbi: «Il ruolo delle imprese è necessariamente sociale: questo è il punto di arrivo, e non è in discussione. Al massimo, si può discutere sul percorso con cui ci si può arrivare. Dobbia­mo sostenere lo sviluppo, ma che sviluppo ci può essere se non c’è rispetto dell’ambiente e dei popoli? Noi siamo già consapevoli di questo, i Paesi in via di sviluppo oggi pensano a consumare: prima è toccato a noi, ma stanno iniziando a rendersene conto. Oltre al diritto al lavoro, serve avere il diritto alla felicità del lavoro».
Luisa Frandino ha portato la testimonianza dell’azienda sa­luzzese “Sedamyl” che produce semilavorati per industrie alimentari, della carta, del settore cosmetico e farmaceutico e delle bevande: «Siamo un gruppo familiare, ma abbiamo una dimensione multinazionale e crediamo molto nella responsabilità sociale. Il nostro modo di operare fa capo a cinque pilastri: valori etici, rispetto della persona, ecosostenibilità, dialogo con l’amministrazione e tutela dei diritti degli uomini e delle donne. Il tema è molto sentito dalle imprese. Se si “può” fare impresa sociale? No, io dico che si “deve” fare».
Le conclusioni sono state affidate al vescovo di Saluzzo, mons. Cristiano Bodo, fra i principali promotori dell’evento: «Una riflessione sul tema ci pareva doveroso. L’im­presa
so­ciale, l’economia etica, sono no­di cruciali, che riguardano anche la Chiesa italiana: è
ne­cessario guardare al fu­turo, ma è fondamentale far­lo mettendo al centro la dignità dell’uomo. Il lavoro dev’essere a uso dell’uomo, non viceversa».