Fossano: Ilaria Riccardi (M5S) critica sul nuovo progetto di recupero del Molino Cordero

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Ilaria Riccardi (Foto Ilaria Riccardi - Facebook)

Resta d’attualità il progetto di recupero del Molino Cordero a Fossano: il Consigliere Comunale, nonchè prossima candidata a sindaco di Fossano, Ilaria Riccardi torna sui principi tecnici e giuridici alla base dell’applicazione della Legge 106, volta ad incentivare la riqualificazione edilizia della aree degradate, anche alla luce del recente parere rilasciato dalla Regione Piemonte su richiesta del Comune di Fossano.

Quali sono le sue impressioni sul nuovo progetto presentato dopo le critiche emerse in Commissione urbanistica sulla proposta precedente?

Il primo progetto che era stato presentato aveva almeno due “vizi”. – commenta l’esponente del Movimento 5 Stelle – In primo luogo chiedeva la delocalizzazione di importanti volumetrie residenziali sull’area dell’Hotel Romanisio, cosa ritenuta da noi tutti componenti della Commissione, ed in primis dal sindaco, del tutto inopportuna. In secondo luogo la quantificazione dei volumi disponibili si basava sul potenziale edificatorio previsto dal piano regolatore sull’area del mulino (molto elevato) e non, come prevede la norma e come confermato dal parere della Regione, sui volumi effettivamente costruiti, ovvero il volume dell’intero edificio interessato dallo scoppio. Come noto il dubbio sul criterio di quantificazione delle volumetrie era venuto a me e, grazie a Sordella, gli uffici comunali richiesero il parere alla Regione. Voglio a tal proposito ricordare che, nella richiesta di parere, si legge: “Il progetto non riporta la determinazione del volume e della superficie preesistenti – l’esplosione ha determinato crollo e distruzione – né l’utilizzo dell’eventuale premialità sulla volumetria esistente, in quanto di gran lunga inferiori a quanto assentibile dalle norme del piano vigente”.

Ma quindi è impossibile determinare la volumetria esistente a causa dell’esplosione?
Niente affatto. – prosegue Riccardi –  Sono gli uffici comunali che scrivono così nella richiesta di parere e aggiungono pure che in ogni caso essa sarebbe di gran lunga inferiore a quella permessa dal piano regolatore. La Regione tuttavia risponde: “si ribadisce che criterio per la quantificazione della capacità edificatoria sull’area interessata sia il patrimonio edilizio esistente, comunque verificato”, e che serve una perizia asseverata da parte di un tecnico abilitato. Ma sapete qual è la cosa incredibile? Che nel nuovo progetto depositato dal proponente salta fuori la perizia aggiornata al 2016 (quella della procedura fallimentare) in cui, tra l’altro, veniva stimata con grande precisione la volumetria dell’edificio compromesso“.

Ma quindi nel nuovo progetto le volumetrie sono riferite all’esistente?
Certamente. E allora mi domando: non si poteva fare fin dall’inizio? La ragione immagino sia quella prospettata dagli uffici comunali nella richiesta, ovvero che la volumetria esistente è di gran lunga inferiore a quella edificabile. Complimenti, dico io! Diciamo che inizialmente tutti pensavano che si potesse fare in un modo e che poi il proponente ha deciso in autonomia di cambiare “filosofia” e di utilizzare nel nuovo progetto le volumetrie esistenti. Poco importa: importa invece quello che viene dopo. Perché attenzione: mentre nel progetto originario non veniva richiesta la premialità sui volumi (e vorrei vedere, visto che erano quelli abbondanti previsti dal piano regolatore!), in quello nuovo ecco che salta fuori la richiesta della premialità. I numeri sono questi: la perizia dice che il volume dell’edificato è pari a 13.800 metri cubi, che con la premialità diventano 16.600. Di questi il 26% vengono costruiti sull’area del mulino per realizzare il supermercato, mentre per il restante 74%, pari a 12.300 metri cubi, viene richiesta la delocalizzazione. Il perché non lo so. – prosegue il Consigliere Comunale – Ti posso però dire dove vanno a finire i restanti 12.300: 1.900 si aggiungono ai 900 già costruibili per fare una palazzina residenziale lì vicino al mulino, un migliaio per sistemare la destinazione d’uso di alcuni sottotetti, quasi 5.000 per costruire un palazzo in via Don Minzoni, altri 4.750 da ripartire un po’ sempre sul medesimo comparto e i rimanenti nella zona di via Santa Lucia e via del Lucchetto (da “attivare” entro quattro anni)“.

In quelle aree di “atterraggio” quindi sono state richieste delle deroghe al piano regolatore?
Tutte le deroghe urbanistiche richieste sono concentrate sulle aree di atterraggio, praticamente nessuna è stata richiesta sull’area del mulino. Senza queste deroghe non si potrebbe mica costruire così in giro per la città! E se quelle modifiche al piano regolatore fossero state richieste come variante urbanistica, senza invocare la Legge 106, di certo non sarebbero nemmeno state prese in considerazione dalla Commissione urbanistica. Voglio anche ricordare che, in occasione della riqualificazione dell’area ex-ICA, il progetto ci venne presentato in Commissione come di difficile fattibilità, poiché il proponente avrebbe dovuto bonificare l’intera area, sia dai percolati pericolosi infiltratisi nel terreno, sia dall’Eternit delle coperture. Per riuscire a far stare in piedi l’investimento chiedeva dunque di poter traferire una modesta percentuale di volumetria disponibile su altri siti e gli furono così concesse alcune centinaia di metri quadri per rendere abitabili alcuni sottotetti. La motivazione di interesse pubblico fu proprio che questa delocalizzazione di volumi rendeva sostenibile l’oneroso investimento di riqualificare un’area così compromessa“.

E non è lo stesso per il progetto del Molino Cordero?
Si ricorre alla 106 quando non si riesce a riqualificare un’area degradata utilizzando gli strumenti autorizzativi ordinari, sia per ragioni tecniche (restrizioni eccessive del PRGC), sia economiche (l’investimento non si regge in piedi). Ricorrere alla 106 per costruire un supermercato su di un’area dove lo si può costruire benissimo per la vie ordinarie, dove i costi di demolizione non paiono spropositati, dove non ci sono bonifiche da fare, dove già gli indici edificatori sono oltre la soglia della più rosea previsione come si può giustificare nell’interesse pubblico? Come si può giustificare, in termini di sostenibilità economica o tecnica, un progetto che semplicemente edifica un supermercato al posto di un rudere e contestualmente prevede lo spostamento di 12.300 metri cubi di volumi in aree di pregio in giro per la città nell’esclusivo interesse del privato con concessione di numerose deroghe al piano regolatore motivate nell’interesse pubblico?

Queste le posizioni del Consigliere Comunale Ilaria Riccardi. Restiamo a disposizione per eventuali repliche o chiarimenti.