Il birrificio “contadino” Cascina Motta ha il cuore albese (FOTO)

E' il primo sulla scena nazionale a realizzare interamente in azienda tutti i processi della produzione della birra, dal campo alla bottiglia.

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Il 2019 si è aperto all’insegna dello sviluppo di un nuovo, anzi rivoluzionario, birrificio agricolo, che ha fatto molto parlare di sé nell’ambito del settore brassicolo, perché è il primo sulla scena nazionale a realizzare interamente in azienda tutti i processi della produzione della birra, dal campo alla bottiglia.

Il DNA del Birrificio contadino Cascina Motta, storica impresa con sede a Sale in provincia di Alessandria, è però fortemente legato alla città di Alba. Infatti, il pioniere dell’ambizioso progetto è l’albese Massimo Prandi, conosciuto consulente enologo delle Langhe e cultore e docente di fama nazionale in ambito birrario.

L’inaugurazione della nuova sala cotta del birrificio, avvenuta lo scorso 17 gennaio, con la brassatura della prima birra denominata “Cavagna”, a ricordare la gerla per la semina dell’orzo, ha rappresentato un ulteriore tassello a completamento di un progetto innovativo nato 10 anni fa con la conversione dell’intera superficie aziendale di 12 ettari al regime di agricoltura biologica per la coltivazione di orzo distico ed altri cereali da birra e luppolo. Infatti, come anticipato, la peculiarità dell’azienda è proprio quella di coltivare tutte le materie prime necessarie alla realizzazione delle proprie birre, completando anche in sede il processo della maltazione e della prima lavorazione dei coni, senza impiegare, quindi, ingredienti acquistati da terzi (eccetto il lievito, anche se è già in sperimentazione dal 2017 l’uso di ceppi selezionati sulle spighe d’orzo a maturazione cerosa nei campi aziendali).

Massimo Prandi, sottolinea come la scelta della realizzazione completamente aziendale sia stata onerosa non solo in termini di investimenti, ma anche di osticità tecnica. “E’ soprattutto la maltazione a creare difficoltà, ma anche a spingerci ad una continua sperimentazione. Con la nostra malteria da 6 quintali riusciamo comunque ad trasformare direttamente i nostri cereali in una gamma piuttosto variegata di malti, non tutti. In ogni caso, la scelta di voler utilizzare solo ingredienti derivanti dai nostri campi, limitrofi al maltificio e birrificio, se da una parte risulta limitante in termini di stili di birra producibili, è un punto di forza insostituibile e caratterizzante della nostra mission. La nostra birra non la consideriamo, infatti, solo birra artigianale e riteniamo limitante pure il concetto di birra agricola: per questo abbiamo coniato il marchio birra contadina, che vuole proprio rappresentare il legame diretto, unico ed insostituibile che unisce le nostre produzioni al territorio ed al microclima locali, ed in termini assoluti, ai nostri campi ed al nostro lavoro quotidiano. Una italianità finalmente oggettiva della birra, dettata non solo dal luogo di ultima trasformazione degli ingredienti, ma che abbiamo voluto estremizzare anche reperendo in Italia tutti gli impianti di cui siamo dotati, dai silos di stoccaggio dell’orzo, alla malteria, fino alla imbottigliatrice isobarica”.

Come spiega Marco Malaspina, collaboratore di Prandi, che si occupa della gestione agronomica delle colture, riuscire a realizzare la produzione di orzo e cereali idonei alla trasformazione in malto e birra è stata una sfida non facile: “Le difficoltà di conversione alla gestione in agricoltura biologica e la necessità di rivedere i sistemi colturali per le specifiche esigenze tecnologiche dei cereali ad uso maltario ci hanno impegnati in numerose prove di coltivazione, durate sostanzialmente 8 anni. Ora però siamo in grado di coltivare nel migliore dei modi e nel pieno rispetto dell’ambiente, non solo l’orzo distico, ma anche varietà di frumento, segale, avena e riso che trovano e troveranno in futuro impiego come ingredienti delle nostre birre. Allo stesso modo, anche avviare la coltivazione del luppolo su una superficie di circa mezzo ettaro è stata una impresa non di poco conto, ma le piante, ormai al terzo anno di produzione stano fornendo validi risultati, soprattutto per alcune varietà”.

Il Mastro birraio, Alessandro Beltrame, formato presso il corso biennale dell’ITS agroalimentare di Torino, non nasconde l’emozione nel raccontare le sensazioni che si provano a realizzare la birra in una struttura ricavata dalla attenta ristrutturazione di una antica stalla, annessa alla maestosa villa padronale napoleonica, testimonianza di un radicamento secolare di Cascina Motta nel contesto rurale alessandrino.

Produrre birra contadina non è solo il nostro marchio di fabbrica, ma una scelta di vita, una consapevolezza etica, una filosofia produttiva. Un’opportunità, da vivere al costo della consapevolezza di limitazioni. In primo luogo la birra contadina a filiera interamente aziendale non può prescindere dalla variabilità della produzione. Ogni campo di cereale, ogni annata agraria, ogni ciclo di maltazione e ciascuna cotta presentano delle peculiarità che portano ad una costante variabilità del prodotto finito. Variabilità non tipica di molte produzioni di birre artigianali ed agricole, che si avvantaggiano rispettivamente dell’uso in toto o in grande misura – fino al 49% – di materie prime di origine industriale, come i malti, o luppoli provenienti da diversi parti del globo, quindi acquistabili sempre ad immagine e somiglianza di quanto richiesto in ricetta.

Produrre birra in un birrificio contadino significa avere la consapevolezza di non poter brassare tutte le birre che si vorrebbe, o che i consumatori desiderano: il frutto dei nostri campi è l’unica risorsa da cui partire, con uno spettro di potenzialità ampio, ma non enorme, che trova una vasta gamma di possibilità di trasformazioni, pur sempre con le limitazioni tecnologiche che un impianto artigianale impone. Una scelta che fa sì che il primo “operaio” delle nostre produzioni sia la natura. Nei nostri tini sta già fermentando la Cavagna, la nostra ambrata afferente allo stile vienna lager, a cui a breve si affiancheranno le nuove cotte di Sloira, una pils classica, già prodotta a febbraio 2018 per la presentazione in collaborazione con EDIT, molto ricca di aromi e sensazioni di cereale. Non resta che attendere qualche settimana per poter brindare con i nostri primi boccali interamente realizzati con materie prime dell’annata 2018!

Un progetto unico nel nostro Paese e con rari uguali in tutta Europa, che getta le basi per una nuova rivoluzione del settore birrario italiano, che come sottolinea lo stesso Prandi, trae la sua ispirazione e il suo traguardo di lungo periodo proprio dalle aziende enologiche del territorio albese: “produrre birra secondo la nostra filosofia è ciò che più si avvicina al concetto di impresa vitivinicola, in cui l’imprenditore segue ogni aspetto della produzione, dall’impianto del vigneto fino alla messa in bottiglia, senza delegare nulla a terzi. Per questo nella birra contadina di Cascina Motta si gusta moltissima albesità!”.

c.s.