Ivana Brignolo Miroglio, presidente di “Tenuta Car­retta” a Piobesi d’Alba, è la nuova delegata delle Donne del vino del Piemonte, e­letta all’unanimità per il 2019-2022. La sua vice è Elena Bo­nel­li, produttrice dell’azienda “Et­to­re Germano” di Serralunga d’Al­ba. Nel gruppo di lavoro in fase di formazione opereranno anche Va­­leria Gaidano, produttrice
pres­so “Tenuta Tambur­nin” a Ca­­stelnuovo Don Bosco, Rober­ta Lanero, sommelier di Acqui Terme, e Mirella Morra, som­me­lier e delegata Onav di Asti.
“Idea” ha intervistato Ivana Brignolo Miroglio per conoscere meglio il suo percorso e i progetti dell’associazione.
Com’è iniziato il suo rapporto con il mondo del vino e che cosa ha rappresentato per lei l’incarico in “Tenuta Carretta”?
«Nel mondo del vino sono entrata per caso perché mio marito comprò l’azienda nel 1980, se ne occupò per un po’ di tempo lasciando quindi spazio a mio fi­glio. Dal momento che il mestiere della mia famiglia è il tessile, sono arrivata a un certo punto al ruolo di presidente di “Tenuta Carretta”. E ho imparato che la realtà del vino è molto concreta ma anche affascinante, legata al senso, al gusto, al piacere: tanti aspetti personali possono essere associati a questa esperienza».
Ha cercato di dare un contributo femminile alla sua azienda?
«Essere presidente di un’azienda nel Roero potrebbe sembrare meno rilevante che esserlo in Langa, ma la differenza la fa il mo­do in cui ci si pone. Il Roero può essere tanto bello quanto la Langa, tutto dipende dalle persone che lavorano in azienda, dall’accoglienza che si offre e, non ultimo, dal prodotto. Non posso dire di aver contribuito in questi anni direttamente al prodotto, ma ho effettuato scelte sul personale che hanno permesso di
ap­portare miglioramenti. Non es­sendo l’enologia il mio vero lavoro, il contributo che posso dare è quello di cercare le persone giuste nel posto giusto al momento giusto verificando poi se la mia visione sia risultata corretta. Mi sono occupata molto del “contorno”: “Tenuta Carretta” ha aderito a progetti di passeggiate, abbiamo cercato di migliorare l’accoglienza, di offrire più servizi, aprendoci ai visitatori esterni. Al di là del gusto, dell’apprezzamento o meno di un vino, il consumatore medio difficilmente sa valutare con accuratezza quali siano le differenze tra i prodotti, ma ricorda il contorno, la favola, l’accoglienza, il piacere di stare insieme, il “feeling” che si crea. A fare la differenza è la favola, come si riesce a far amare la propria terra e il proprio prodotto».
Come è entrata in contatto con le Donne del vino del Piemonte e che cosa l’ha affascinata?
«Si può parlare di un’altra casualità. L’allora delegata Mariuccia Borio era molto amica dell’enologo di “Tenuta Carretta”, il quale ci presentò: ero piuttosto all’oscuro di questo mondo e ho pensato che il gruppo potesse rap­presentare una via per saperne di più. Mi piaceva anche l’id­ea che esistesse un gruppo di donne pronte ad “affrontare” un mondo fino a poco tempo fa tipicamente maschile, ma che sta la­sciando sempre più spazio a figure femminili. Inoltre le occasioni di apprendimento sperimentate da associata non sono state di poco conto: in autunno, ad esempio, siamo state a Matera, ospitate dalle Donne del vino della Basilicata, un gruppo con un’elevatissima presenza di giovani, a partire dai 25 anni, attive e con tanta voglia di fare. è un bel mondo, all’interno del quale è pia­cevole anche solo incontrarsi e stringere nuove amicizie. Un a­spetto fondamentale è l’amicizia che ci lega. Le donne in genere non sono corporative quanto gli uomini, ma se riescono a
in­staurare un’amicizia essa diventa molto più duratura. Vedo nel nostro gruppo solo aspetti positivi: chi vi entra è portato alla condivisione. Vi sono donne presenti da oltre 25 anni e animate dal forte desiderio di rappresentare la realtà in cui operano».
Si aspettava questa nomina?
«In genere questo incarico viene concordato, quindi, trattandosi di un gruppo piuttosto affiatato, ringrazio le colleghe per la fiducia. Si decide insieme chi sarà la delegata, ma anche il nome della vice che a fine mandato possa e­ventualmente raccogliere il testimone. Spesso capita di iniziare un progetto difficile da portare a termine negli anni di carica e la figura della vicedelegata ne garantisce un seguito. L’associa­zione è a titolo volontaristico e tutte le associate sono già impegnate a seguire le proprie attività lavorative».
C’è un progetto che vorrebbe rea­lizzare nel suo mandato?
«Spinta dall’esperienza in Basili­cata mi piacerebbe creare un gruppo di giovani Donne del vi­no anche in Piemonte. La delegazione piemontese esiste da sempre ed è una di quelle che han­no contribuito alla fondazione dell’associazione, ha scritto la storia del grup­po Donne del vino, ma le cose sono molto cambiate. Mi piacerebbe che diventassero socie tutte le donne che in vario modo sono legate al­l’e­no­lo­gia e al vino, quindi anche enologhe, sommelier, blogger, ristoratrici. Da un certo punto di vista la delegazione è sbilanciata: in maggioranza le associate sono produttrici e vor­rei far entrare ragazze giovani, siano produttrici o altre professioniste legate al vino. Non va dimenticato che, ad esempio, la comunicazione fa la forza di un gruppo. L’associazione è sbilanciata anche rispetto al territorio: la maggior parte delle socie proviene da Langhe e Monferrato, mentre il Roero non è così rappresentato e molto poco presente è la zona del novarese e del vercellese, grazie alle cui produttrici potremmo avere un bel confronto sui vini originati delle uve
Neb­biolo. Più si è, più ci si può reciprocamente arricchire».