Alba, Sabato 15 dicembre monsignor Marco Mellino è ordinato vescovo dal cardinale Pietro Parolin

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Monsignor Marco Mellino, vicario generale della diocesi di Alba, sabato 15 dicembre viene ordinato vescovo per l’imposizione delle mani del cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, insieme al vescovo di Albano Laziale monsignor Marcello Semeraro e al vescovo di Alba monsignor Marco Brunetti. Il rito si celebra nella cattedrale di Alba alle 15.30 ed è prevista la partecipazione di una trentina di vescovi, di altrettanti sacerdoti e della comunità diocesana che porterà in dono al neovescovo il pastorale. La processione partirà dal Seminario (il ritrovo è per le ore 15) alla cattedrale.

Con lettera del segretario di Stato Pietro Parolin del 25 ottobre 2018, monsignor Marco Mellino, era stato nominato da papa Francesco segretario aggiunto del Consiglio di cardinali (il C9) e membro del Consiglio per i testi legislativi, elevandolo allo stesso tempo alla dignità episcopale.
L’annuncio era stato dato contemporaneamente il 27 ottobre in Vaticano e nella Cappella del Seminario di Alba, dove il vescovo Marco Brunetti aveva radunato sacerdoti, religiosi, consiglio pastorale diocesano, autorità civili e organi di informazione per partecipare alla diocesi albese la lieta notizia.

Per il proprio motto episcopale monsignor. Mellino ha scelto le parole tratte dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi (1,21): «Mihi vivere Christus», laddove l’Apostolo, nell’esortare i fedeli a condurre una vita cristiana sull’esempio e sugli insegnamenti di Gesù Cristo, afferma che per lui la prioritaria ragione della sua esistenza consiste nell’identificarsi totalmente con il Maestro e tale intento è pienamente condiviso dal vescovo Marco che lo fa proprio.

Nell’intervista rilasciata a Gazzetta d’Alba in vista della sua ordinazione episcopale, monsignor Mellino afferma: «Dobbiamo ringraziare la provvidenza per averci dato un Papa come Francesco, che torna alla purezza ed essenzialità del Vangelo, nel suo stile di vita richiama alla funzione propria della Chiesa – che deve essere madre, accogliere, capire, comprendere, pazientare. Dobbiamo uscire dalle nostre strutture mentali e andare a cercare, a contattare le persone. Il Papa sta lavorando molto sul concetto del “ritornare ad essere pastori di popolo”. Altrimenti si rischia di creare una distanza tra ciò che annunciamo e la vita quotidiana della gente. Abbiamo poco tempo per calarci nel profondo, ma quando riusciamo a trovare questo spazio il sacro riprende vita perché la natura umana è in qualche modo predisposta a farlo germogliare. Dal punto di vista sociale – pensiamo alla mancata accoglienza dei migranti – oggi rischiamo di non rimanere umani, di perdere una logica del cuore non solo evangelica o religiosa, ma relazionale. Se non salviamo l’uomo rischiamo di non salvare questa terra. Vado a Roma con questa “voce” interiore ben salda, con l’intento di rimanere a contatto con la gente e i suoi problemi reali. I titoli e i riconoscimenti non devono servire a elevare o sentirsi superiori, ma sollecitare a mantenere un contatto intimo con la vita di tutti i giorni».