Cinquantotto opere, in mostra l’arte italiana degli anni Cin­­quanta. Nella chie­sa di San Francesco, a Cu­neo, si torna a respirare l’aria della grande cultura. Merito della rinnovata collaborazione tra la Gam-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino e la fondazione “Crc”, cominciata nel 2017 con “Io non amo la natura”, esposizione dedicata alla pop art promossa in occasione dei 25 anni dell’ente presieduto da Gian­do­menico Genta. Il connubio è risultato vincente, tanto da convincerne i protagonisti a ripetere l’esperienza, proseguendo insieme un percorso alla scoperta dell’arte, come suggerito dal titolo della nuova esposizione, “Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte”.
La mostra, inaugurata martedì 23 ottobre, sarà aperta gratuitamente al pubblico fino a domenica 20 gennaio. Il curatore è sempre il direttore della Gam di Torino, Riccardo Passoni.
A cambiare è il tema dell’esposizione. «Proseguiamo volentieri questa collaborazione con la fondazione “Crc”», spiega lo stesso Passoni. «Sull’onda del successo della prima mostra, che è andata molto bene sotto tutti i punti di vista, abbiamo deciso di proporre il nuovo appuntamento. L’anno scorso avevamo lavorato sui primi anni Sessanta, quelli dell’arte pop, questa volta abbiamo fatto un passo indietro, concentrandoci sugli anni Cinquanta in Italia, per cercare di comprendere come, in quel periodo così straordinario, i paradigmi e i lin­guaggi fossero così diversi da quelli del decennio successivo».
Nei suggestivi spazi del complesso monumentale di San Francesco, restaurati e restituiti alla città nel 2011 grazie a un cospicuo finanziamento proprio della fondazione “Crc”, le opere suggeriscono un percorso espositivo che nasce dalla vo­lontà di tracciare una ricerca organica su una serie di esperienze artistiche manifestatesi dopo la caduta del fascismo e riconducibili alla corrente co­nosciuta come arte informale.
«è uno spaccato completo e articolato dell’arte italiana di quel decennio, prosegue il curatore Pas­soni. «Attraverso queste opere, appartenenti alla nostra collezione, si può comprendere l’immediata ricerca di aggiornamento presente negli artisti italiani di quel tempo. L’arte informale nasce in Francia, per poi dilagare in tutta Europa, arrivando anche negli Usa. Gli artisti italiani si confrontavano con queste correnti, erano partecipi di questi cambiamenti e li esprimevano nelle loro opere con tante declinazioni possibili, che troviamo nella mostra».
In quegli anni un gruppo di artisti decisi a liberare la pittura e la scultura dal canone della rappresentazione figurativa o a­stratta iniziò un nuovo percorso di ricerca fondato sulle riflessioni mosse intorno ai territori del segno, del gesto e della materia.
In San Francesco sono esposte 58 opere, una selezione accurata in cui trovano spazio i principali protagonisti di quella irripetibile stagione artistica: da Alberto Burri a Lucio Fontana, da Carla Accardi a Giuseppe Ca­pogrossi, passando per il Grup­po degli otto (Afro, Birolli, Cor­pora, Moreni, Morlotti, Santo­maso, Turcato e Vedova) riuniti attorno al critico d’arte Lionello Venturi. Proprio il critico modenese fornisce una definizione sulla particolare attività svolta da questi artisti, descrivendo la spaccatura del gruppo con i movimenti artistici dell’epoca e precisando la volontà di questi ultimi di uscire dal binomio tra realismo e astrattismo. Accanto a una lettura dei fenomeni pittorici dell’epoca, il percorso espositivo di “Noi continuiamo l’evoluzione del­l’arte” propone una selezione delle maggiori esperienze del periodo anche in àmbito scultoreo, con opere di Mirko Ba­saldella, Alberto Bu­rri, Ettore Colla, Pietro Con­sagra, Nino Franchina, Franco Garelli, Um­berto Mastroianni e Giuseppe Tarantino.
«Nella mostra sono presenti l’informale di materia, l’informale di gesto, l’informale di segno e l’informale di veemenza, cioè le chiavi di volta di quel periodo», chiarisce Pas­soni. «E poi ci sono tutta una serie di lavori che rappresentano la Torino di quegli anni e in generale l’Italia, in cui l’informale cerca di eliminare il problema della rappresentazione, pur legandosi ancora ai soggetti soliti di tipo rappresentativo. è una pittura che cambia completamente direzione espressiva rispetto al classicismo presente tra le due guerre».
Il deciso cambio di rotta rispetto agli anni precedenti è ben visibile attraverso il percorso espositivo proposto dalla mo­stra cuneese: «I visitatori scoprono che dopo la seconda guerra mondiale sono cambiati completamente i canoni di rappresentazione di chi aveva l’ambizione di fare l’artista. C’è un’urgenza che si manifesta in varie forme: le mi­sure, i colori, il segno e la materia. Quella generazione aveva vissuto l’esperienza dell’esistenzialismo e voleva essere in tutti i modi possibili collegata al­la vita pulsante e artistica internazionale. Voleva aprirsi, e non rimanere chiusa nei propri confini o ancorata alle proprie radici, e l’arte era uno degli strumenti per farlo».
A chi si rivolge in particolar modo l’esposizione? Il Diretto­re della Gam di Torino afferma: «Da un lato credo che per le generazioni dei più anziani possa es­sere bello riscoprire una stagione che in qualche modo li ha attraversati, anche se non erano persone vicine all’arte. Allo stesso tempo, però, pen­so che possa essere interessante per i più giovani venire a visitare la mo­stra, per capire che tipo di sensibilità possedevano gli artisti che negli anni Cinquanta avevano 20 o 30 anni».
“Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte” è aperta al pubblico da martedì a sabato dalle 15,30 alle 18,30 e domenica dalle 11 alle 18,30.
Per avere maggiori informazioni: tel. 0171-634175, indirizzo e-mail [email protected], il sito internet della Fondazione oppure la pagina Facebook dedicata “@Inar­teFondazioneCRC”.