In fondazione “Ferrero”, ad Alba, dal 27 ottobre al 25 febbraio sarà possibile ammirare la mostra “Dal nulla al sogno-Dada e surrealismo dalla collezione del museo ‘Boijmans Van Beuningen’”. Cu­rata dal professor Marco Vallora, si articola seguendo una logica espositiva che riflette le suggestioni surrealiste nel modo in cui le opere sono presentate.
L’esposizione si suddivide in nove sezioni, all’interno delle quali si susseguono capolavori di grande pregio e dal forte impatto.
Le opere coesistono in un dialogo ora armonico, ora contrastante, seguendo una progressione in prevalenza tematica e prestando un’attenzione particolare alla cronologia degli eventi. I capolavori esposti riflettono alcune delle problematiche e dei temi che contribuiscono a segnare i confini tra la poetica nichilista del movimento dada e quella più propositiva tipica del surrealismo: il caso, la bruttezza estetica, il sogno, l’inconscio, la relazione con l’arte antica, il legame tra arte e ideologia.
In occasione della mostra molti dei capolavori del museo “Boij­mans Van Beuningen” sono stati trasferiti in fondazione “Fer­rero“. La maggior parte delle opere sarà esposta in Italia per la pri­ma volta in assoluto.
Come spiega il curatore, Marco Vallora, «in un’esposizione profondamente ragionata e articolata, la Fondazione presenta una nuova mostra internazionale in occasione dell’appuntamento biennale con la grande arte. Questo allestimento, unico nel suo genere, si distinguerà da quelle precedenti, in quanto includerà libri, poesie e riviste, tutti legati ai due movimenti, con opere pittoriche e scultoree innovative e spesso rivoluzionarie, altamente e­vocative e di grande rilevanza storica».
Grazie alle opere concesse in prestito dal museo “Boijmans Van Beunin­gen”, saranno esposte tre versioni delle “boîtes” (“scatole”) di Marcel Du­champ (“La boîte verte”, “La boîte-en-valise”, “À l’infinitif”). Dagli anni Trenta Duchamp cessò di essere un artista,
di­ventando all’apparenza un semplice giocatore di scacchi e, in queste scatole, egli ripose tutta la sua scandalosa “oeuvre”, mosso dall’intento polemico e sarcastico di distruggere l’idea di genio artistico, rimpiazzando la pomposa esposizione museale con una semplice valigetta, pronta a seguire il suo nomadismo costituzionale e la sua caustica, corrosiva ironia.
Attraverso la parola shock “nulla”, il titolo della mostra mira a sorprendere e ad affascinare, ma anche a perseguire uno dei capisaldi più radicali del programma dadaista. Non solo basato sul caso e sul rifiuto del concetto di artista onnipotente e maestro padrone della sua opera, il dadaismo segue altresì le regole dell’azzardo e del gio­co e, in particolare, protende verso la negazione dell’arte stessa, il rigetto della bellezza da museo, e con i suoi “ready-made”, verso il rifiuto dell’arte decorativa e rassicurante. Al contrario, l’opera d’ar­­te, che ormai non è quasi più né un’opera, né arte, deve suscitare sentimenti d’inquietudine, turbamento e, in particolare, insinuare dubbi nello spettatore. L’esposizione include, inoltre, Man Ray, Arp e un’eccentrica e provocativa tela del “dandy” spagnolo naturalizzato parigino Francis Picabia.
Spostandosi verso il surrealismo e il suo mondo onirico, troviamo i disegni preparatori e uno straordinario dipinto di Salvador Dalì ispirato al libro di Raymond Rousell “New impressions of Africa”.
Un’altra importantissima opera è costituita dai “Chants de Mal­doror” del Comte de Lautréamont, illustrati sia da Dalì che da Magritte. Man Ray in “L’enigme d’Isidore Ducasse”, nascose una macchina da cucire “Singer” sotto la coperta di un’asse da stiro, forse un omaggio a Winnaretta Singer, grande mecenate del movimento e delle pellicole in mostra, ma anche un tributo alla famosa massima di Lautréamont: «Bello come l’incontro fortuito su un ta­volo di dissezione di una macchina da cucire e di un ombrello».
La parte della mostra dedicata ai sogni simboleggia una sorta di nuovo inizio dopo l’annichilimento e il rifiuto radicale dell’arte perpetrato dai dadaisti. Per questo motivo, la parola “sogno” significa qui libertà, spensieratezza, ma anche introspezione e penetrazione dell’inconscio.
Tutto ciò si riflette nei dipinti di scenari sommersi di Yves Tanguy, nelle creazioni visionarie di Victor Brauner, nelle bambole sadomasochistiche di Hans Bellmer, nelle fotografie di Claude Cahun e nelle teche di un poeta-artigiano quale Joseph Cornell.