L’ammanco, la lite, il black out, l’omicidio e l’ultima beffarda vincita: così ha perso la vita Roberta Perosino

Il delitto a Govone lo scorso 26 giugno. In carcere il marito affetto da ludopatia, che ha confessato il crimine

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In foto la vittima Roberta Perosino

Una lite, scaturita in un contesto familiare definito dall’esterno “normale”, forse a causa di quei 20 mila euro scomparsi in pochi mesi inghiottiti dalle macchinette; un black out, un cuscino premuto sul viso, la tragedia.

Quindi un’uscita al bar, l’ennesima giocata alle slot machine, e una vincita, 20 euro, che fa pensare ad una giornata finalmente fortunata. E’ questo il quadro della tragedia che ha travolto una famiglia di Govone, conducendo alla morte Roberta Perosino, operaia 54enne trovata esanime nella sua abitazione lo scorso 26 giugno dal marito, Arturo Moramarco, rivelatosi poi suo carnefice reo confesso.

E’ quanto illustrato questa mattina dal comandante della Compagnia dei Carabinieri di Alba Giacomo Conte e dal comandante del Nucleo Investigativo di Cuneo Giampaolo Canu nel corso di una conferenza stampa, ripercorrendo la fase investigativa che ha condotto all’arresto l’ex macellaio 58enne con l’accusa di femminicidio.

Il fatto lo scorso 26 giugno alle 9,30 quando il Moramarco, di ritorno dalla sua passeggiata quotidiana, rinviene la moglie senza vita all’interno della propria abitazione. La chiamata al 112 e una prima ipotesi di decesso in seguito ad un malore causato da un tentativo di furto/rapina scoperto dalla donna.

Dalle prime verifiche alla presenza del PM Simona Macciò, però, emergono visibili incongruenze nel racconto del marito, che racconta di essere uscito dalla propria abitazione alle 7.45 del mattino e di avervi fatto ritorno proprio solo alle 9,30, mentre dalle immagini di alcune telecamere emerge come l’uomo non sia mai uscito per la passeggiata quotidiana, ma si sia allontanato da casa solamente alle 9, ponendolo quindi all’interno della casa al momento del decesso della donna.

Dai rilevamenti sulla scena del delitto emergeva quindi come la donna, morta per asfissia a causa di un’azione violenta, fosse stata spostata dalla posizione in cui era stato rinvenuto il corpo. Infine il “disordine” post rapina appariva troppo “ordinato”, come se l’autore del delitto si fosse limitato ad aprire cassetti e spostarne i vestiti all’interno, quindi le analisi biologiche su alcune tracce di sangue rilevate – sempre in sede di sopralluogo – su alcuni oggetti prelevati dai cassetti dai “ladri”, erano risultate provenienti da ferite sul corpo del Moramarco.

Indizi pesanti che hanno portato i Carabinieri ad indagare sulla vita della coppia, una vita descritta esternamente “normale” anche se, da indagini più approfondite sui conti della famiglia, è emerso tremendo il fenomeno di ludopatia (non diagnosticato) di cui era affetto l’uomo. In particolare è stato evidenziato un aggravamento di questa condizione da quando l’uomo era andato in pensione, con prelievi nei risparmi della coppia quasi tutti utilizzati per giocare alle slot, quantificati in 20.000 euro in tre mesi.

A riprova delle discussioni in corso tra i due è emerso che durante il sopralluogo dell’abitazione (subito sottoposta a sequestro) è stato rinvenuto e sequestrato un biglietto scritto dalla donna in un momento di rabbia ed indirizzato al marito, sul quale aveva scritto: “Non cercarmi da nessuna parte, non so quando torno e se tornerò”.

L’uomo, messo davanti alle innumerevoli contraddizioni, ha reso piena confessione dell’addebito, ammettendo di aver simulato un furto nell’abitazione per sviare i sospetti. Stando al suo racconto, dopo l’ennesima lite dopo colazione avrebbe spinto la moglie sul letto premendole un cuscino sul volto per farla tacere “dopo aver visto tutto nero”. Resosi conto di quanto commesso, in un momento di disperazione si sarebbe ferito con le proprie mani, spostando poi il corpo in cucina e inscenando la rapina. Sarebbe poi uscito di casa verso le 9, recandosi al bar per l’ennesima giocata, conclusasi con la beffarda ultima vincita di 20 euro.

Il Tribunale – Sezione GIP di Asti (dott.Giorgio Morando), sulla base degli elementi acquisiti e rappresentati nella richiesta di misura cautelare della dott.ssa Simona Macciò, P.M. di Asti, ha quindi emesso la custodia cautelare in carcere nei confronti dell’ex macellaio, eseguita nei giorni scorsi nei suoi confronti. Qui l’uomo non ha potuto fare altro che raccontare la tragica verità.