Mostra di pittura di Bruno Capellino a Mondovì

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Venerdì 1 giugno alle 18 si è inaugurata nella saletta d’arte del Bar Lurisia di Mondovì la mostra di pittura “Dalla collezione S” con opere ad olio di Bruno Capellino, organizzata a cura di Silvana Martino.

Un folto gruppo di amici ed estimatori ha reso omaggio all’artista alla continua ricerca di nuove esperienze nel campo dell’arte.

Romolo Garavagno ha tratteggiato la figura umana ed artistica del pittore monregalese.

Vi sono stati altri interventi molto significativi tra cui quelli di Ernesto Billò e Teresio Sordo.

Remigio Bertolino ha evidenziato le tematiche dell’originale percorso all’insegna della creatività e della sperimentazione: “Artista estroso, multiforme, poliedrico, Capellino è alle prese con una inesausta ricerca di forme, equilibri cromatici, emozioni, suggestioni… Ascrivibile a volte all’informale a volte all’astrazione più geometrizzante, l’arte di Capellino sfugge ad ogni formula, ad ogni definizione. È un’arte che tende a far emergere le pieghe interiori, a spiritualizzare la materia.

Spesso non ci offre più alcun appiglio con la realtà, se non fragili segni, frammenti, schegge. Per certi aspetti è affine ad un artista fondamentale del Novecento come Paul Klee, soprattutto per l’intatto stupore infantile che risuona in molte opere, la foga e la passione per il colore di matrice psichica e il musicale accordo delle stesure cromatiche.

Ma in Capellino convivono in una sorta di osmosi tutti i fremiti delle avanguardie di inizio Novecento come il futurismo, l’espressionismo, il cubismo…”

 

LA FORZA VISIONARIA DI BRUNO CAPELLINO

Bruno Capellino dall’affastellato mondo di immagini visionarie trae la materia e l’originale tematica della sua arte.

Artista dalla dirompente energia creativa, estroso, multiforme, poliedrico, il pittore monregalese è alle prese con una inesausta ricerca di forme, equilibri cromatici, emozioni, suggestioni… Come un rabdomante sente le vibrazioni interiori, mondi misteriosi che si affacciano tra sogno e realtà.
Suoi linguaggi artistici prediletti sono la grafica (magnifici i disegni a china o in punta di biro che squadernano sul foglio misteriosi alfabeti segnici, forme liberamente proliferanti), la sperimentazione fotografica, e la pittura ad olio a seconda del momento e dell’ispirazione. Sono queste le tecniche con cui l’artista monregalese si è a mano a mano espresso portando alla luce la ricchezza del suo mondo interiore, il ‘côté’ in ombra della sua anima…
Mettersi in religioso silenzio, in sintonia con quel che “ditta dentro” e poi tentare di esprimere l’ineffabile. Un costante colloquio con la propria interiorità spinge Capellino a far emergere sulla tela quelle galassie di materia turbinante che sono la cifra stilistica della sua pittura…

Dotato di fervida immaginazione (la capacità che viene a coincidere con la creatività secondo Coleridge) intraprende intrepidi viaggi sul vascello del sogno e del mistero.

Ascrivibile a volte all’informale a volte all’astrazione più geometrizzante, l’arte di Capellino sfugge ad ogni formula, ad ogni definizione.

È un’arte che tende a far emergere le pieghe interiori, a spiritualizzare la materia. Spesso non ci offre più alcun appiglio con la realtà, se non fragili segni, frammenti, schegge. Mi viene in mente un artista fondamentale del Novecento come Paul Klee cui mi pare per certi versi affine, soprattutto per l’intatto stupore infantile che risuona in molte opere, la foga e la passione per il colore di matrice psichica e il musicale accordo delle stesure cromatiche.

Ma in Capellino convivono in una sorta di osmosi tutti i fremiti delle avanguardie di inizio Novecento come il futurismo, l’espressionismo, il cubismo…
La figura umana appare di rado; ve n’è un esempio nell’opera allegorica «All’Italia»: il volto della nostra nazione raffigurato come una giovane donna è incorniciato da una bionda capigliatura ed è attorniato da una esplosione di vivida materia cromatica che pare suggerirci tutta la tensione dissolutrice di questi tempi.
«Ritratto di Piazza al tramonto» e «Caffè Antico Borgo dopo le dieci di sera», opere del 2017, pur nella loro astrazione fatta di superfici geometriche scandite da cromie accese e vibranti, hanno ancora cenni a dati concreti, dettagli. Soprattutto in «Ritratto di Piazza al tramonto» mi pare di ravvisare notazioni architettoniche, il profilo dei tetti, la quinta dei portici, qualche arco gotico che si apre alla meraviglia dell’ultima luce.
Nelle opere più recenti ogni riferimento a qualche dato realistico affiora più raramente. Sono universi rutilanti di cromie.
In Triade evoliana, del 2017, parlerei piuttosto di forme nello spazio dalla profonda risonanza interiore.

Vi è qualche rapido accenno di facciata di case dai colori trasognanti (verde muschio), triangoli ocra a suggerire lampi di tetti e conche nere di nicchie dove si addensano i sogni delle ombre… Qui il richiamo a Klee è sorprendente per come il pittore monregalese riduca l’opera a tasselli, a piccole cellule di luce e colore.

Mi viene da citare l’opera Architettura spaziale del 1915 del grande pittore tedesco per la composizione a quadrati e rettangoli dal ritmo intenso e complesso.
Anche l’artista monregalese tende ad scomporre il soggetto pittorico in tasselli cromatici di intensa vibrazione musicale. Opere che affascinano per quell’alito di libertà e poesia che racchiudono nella perfezione del loro ritmo fatto di forme e colori intimi e, suggerirei, psichici…
L’iter artistico di Capellino non si conclude certamente qui, la sua opera è un continuo divenire, un work in progress, un cantiere aperto dove il vento creativo soffia in ogni direzione…

Remigio Bertolino

 

La mostra sarà visitabile presso il Bar Lurisia fino all’11 giugno con orario: 10-20.