Grande successo a Mondovì per la mostra dei coniugi Tchakhotine. Prossimi appuntamenti ad Alba e Cherasco

0
608

A Mondovì Piazza l’importante esposizione antologica personale del pittore franco-russo Pierre Tchakhotine nell’Antico Palazzo di Città si è chiusa domenica 15 aprile.

 

Tchakhotine, nato in Francia, dove la famiglia trasferita per sfuggire alla rivoluzione, cresciuto tra il Paese transalpino e l’Italia, rientrato in Unione Sovietica, per arrivare tra i colori delle Langhe, passando nella luce della Provenza, dopo il rientro in Occidente, con questa grande iniziativa ha voluto celebrare il «tagliare vari traguardi»: «dei settantacinque anni d’età, dei sessanta dai primi corsi di disegno in Via dei Greci a Roma (1958), dei cinquanta dalle sue “chine” a Mosca (1968), dei quaranta anni di pittura a pastello soffice in Francia (1978), dei trenta di permanenza e attività pittorica nel Cuneese (1988)».

 

Ai paesaggi della Provincia Granda dipinti in «plein-air», cioè a contatto diretto con la natura, egli ha dedicato qualcosa come duemila pastelli, tecnica poco usata in Italia. E quando parla della propria arte non dimentica di ricordare che diventò pittore professionista a tempo pieno solo dopo aver scoperto il «suo territorio» e scelto di stabilirvisi. «Le Langhe e il Cuneese in generale», afferma, «sono un vero paradiso per gli artisti in ragione della loro bellezza naturalistica e versatilità paesaggistica». E aggiunge che nei trascorsi trent’anni pensa di aver «ben servito il territorio», per farlo conoscere ed amare anche attraverso la sua pittura. Dal 2000 è membro della «Unione Pittori di Russia».

 

Le più «vecchie» opere presentate, ben lo illustrava «guidano» nella esposizione, risalgono a cinquanta anni fa, quella con la sua grafica a china (Allevamento delle renne in Ciukotka – Scorci della penisola di Kola in inverno – Le chiese della provincia russa). Poi vengono gli olii su cartone degli anni Settanta, dipinti nei momenti liberi dal lavoro durante i viaggi solitari invernali con gli scì in Russia del Nord, la sua grande passione.

 

E’ nel 1978 che scopre il pastello appena prima di lasciare il «Paese degli antenati», e che comincia ad usare quando vive in Francia negli anni 1980-85 (Scorci di Parigi e paesaggi della Corsica). Del periodo genovese (1986-87) è rimasto ben poco: quasi tutto fu acquistato durante le esposizioni. La scoperta delle Langhe lo definisce «un coup de foudre» che lo portò a lasciare la capitale ligure in tardo autunno del 1987 e prendere dimora in Alta Langa a Murazzano, da dove con gli occhi si abbraccia tutto il Cuneese con l’arco alpino e lo sperone del Monviso, la distesa pianura, le vallate e le colline con le cappelle solitarie sui cucuzzoli ed i paesetti, le piantagioni di viti ed i fiori di campo, i boschi e le nuvole cangianti di forma e colore durante il giorno e nelle varie stagioni. Tutte visioni e sensazioni vissute e sogetti realisticamente dipinti a pastello con un tocco di impressionismo, presenti nella mostra di Piazza, insieme ad altre vedute di Russia (Mar Bianco, Carelia, il Volga), Dalmazia, Corsica, entroterra nizzardo, dipinte nei viaggi dell’ultimo decennio.

 

Vi sono due categorie di artisti: coloro che pitturano per il risultato e con la mente ed altri che dipingono gioiendo del processo creativo e con la passione del cuore aperto alle sensazioni. Ambedue gli approcci sono validi. E Pierre fa parte della seconda schiera.

 

Le cinquanta di opere, tra grafica e dipinti, sono state collocate con un criterio assolutamente estetico, cromatico, non cronologico, ma se ne son potute vedere le evoluzioni, tra figurativismo puro ed esperimenti di astrattismo parigini, sin a collocarsi nella sua prospettiva naturale, il tocco impressionista, la «pittura diretta, senza mediazioni» che il pastello secco, il gessetto fissato, consente, di punta e di taglio… A sconfessare il suo essere considerato un «paesaggista puro» vi erano anche alcuni ritratti e caricature, profili di Langa…

 

Tchakhotine ha raccolto tutti gentile e sereno, soddisfatto, dietro barba e sotto capelli su cui, come succede anche agli artisti, il tempo ha depositato un po’ di neve.

 

È una serenità del suo vivere sospeso tra vari mondi, tra la Senna ed il Volga, passando per il Tanaro, che gli viene, probabilmente, oltre che dal contemplare quanto realizzato e quanto tentato, dall’avere vicino la moglie, Nadia Lavrova, vera virtuosa dell’icona.

 

Lei ha esposto al Bar Lurisia di Breo sin al fine settimana precedente, poi si è spostata in stanza adiacente l’esposizione del marito nell’Antico Palazzo di città, affiancando alle sue opere abituali, icone ortodosse realizzate, sin dal medioevo, secondo tradizione presa da quella bisantina, con tanta spiritualità slava, a riproduzione di altrettanto intense opere cattoliche romaniche e gotiche, Madonne allattanti e Gesù Bambini con il cardellino.

 

I prossimi appuntamenti della coppia, con opere di Nadia, saranno a Stresa, nei prossimi giorni, prima di presentazione ad Alba la sera del 24 (alle 21 a «Italia Nostra») e di altra a Cherasco (al Museo Diocesano), il 29.