Lo sterminio dimenticato dei “triangoli rosa” | Un convegno alla Cavallerizza di Torino ricorda la repressione degli omosessuali nell’Europa del nazismo e del fascismo

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Un incontro di condivisione e memoria. Così è stato definito dal giornalista Silvano Bertalot, che lo ha moderato, il convegno Lo sterminio dimenticato che si è svolto stamattina, 24 gennaio, nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale, a Torino.

L’evento è stato organizzato dal Coordinamento Torino Pride Glbt, in collaborazione con il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale, l’Università di Torino e il servizio Lgbt della Città di Torino.

Il convegno ha inteso approfondire la dimensione storiografica della persecuzione e deportazione nei campi di concentramento degli omosessuali nell’Europa del nazismo e del fascismo.

La reclusione e l’interdizione dai diritti civili avvennero in Germania sulla base dell’articolo 175 del codice penale tedesco risalente al 1871 che, nel 1935, con l’ascesa al potere dei nazisti venne inasprito prevedendo una punizione per qualsiasi “atto osceno” fra due uomini, comprese le “fantasie omosessuali”.

Le pene vennero inoltre raddoppiate, passando da 5 a 10 anni di carcere. Già dal 1933 iniziarono le prime deportazioni di persone omosessuali nei campi di concentramento dove portavano sulla divisa un triangolo rosa. Venne istituito un vero e proprio reparto per combattere l’omosessualità.

Una volta raccolte le “liste rosa“, le persone venivano identificate e punite. 100 mila è il numero di persone arrestate per violazione del paragrafo 175 in Germania dal 1933 al 1945. Si stima che ne furono internate fra 10 e 15 mila e ne morirono tra le 6mila e le 9mila.

Dopo la sconfitta della Germania nella seconda guerra mondiale, il paragrafo 175 non venne abrogato. Ritornato alla vecchia versione nella Germania Est di influenza sovietica, per poi essere ulteriormente ridimensionato nel 1968 e abolito nel 1988, rimarrà in vigore nella Germania Ovest fino al 1994, per scomparire definitivamente con la riunificazione delle due Germanie.

Lorenzo Benadusi dell’Università di Roma 3 intervenendo sul tema della persecuzione omosessuale nell’Italia fascista ha sottolineato come l’ideologia politica e il suo concetto di mascolinità abbiano inciso sui comportamenti privati delle persone. In Italia, la condanna omosessuale non poteva avvalersi di espliciti richiami nel codice penale o in altre leggi e trovò espressione nel confino, metodo con il quale diverse decine di omosessuali vennero allontanati perché non socialmente desiderabili e inviati alle isole Tremiti o a Ustica.

Sul tema della storiografia e della persecuzione omosessuale nel Novecento sono intervenuti anche Melania De Leo, Claudio Vercelli e Giovanni Dall’Orto, che ha sottolineato come la massima repressione omosessuale avvenne in Germania dopo la seconda guerra mondiale, prima dell’abrogazione dell’articolo 175.

Durante l’incontro è stata inoltre ospitata la toccante video -testimonianza dell’ultima sopravvissuta italiana ovvero Lucy (Luciano), classe 1924, che visse sulla propria pelle di “diverso” gli effetti della propaganda fascista negli anni ’20 nel suo paese d’origine, Fossano.

Poi ci fu il trasferimento a Bologna, e gli anni Trenta passati tra i primi amori adolescenziali e le amicizie omosessuali. Un periodo felice interrotto dall’arrivo della guerra e la chiamata alle armi nel 1943.

Presto disertore, venne scoperto e mandato al campo di concentramento di Dachau, dove restò fino alla liberazione, nel 1945.

Poi il difficile ritorno in Italia, gli anni vissuti tra Roma e Torino, il passaggio dal rigido moralismo degli anni Cinquanta al (cauto) libertarismo degli anni Sessanta e al cambio di sesso, negli anni ’80.