Ospedali, niente referendum | Respinta l’istanza del Comitato “Salviamo gli ospedali e la Sanità in Piemonte”

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nella seduta del 28 marzo il Consiglio regionale ha votato per l’inammissibilità dell’istanza presentata dal Comitato “Salviamo gli ospedali e la Sanità in Piemonte”, primo firmatario il consigliere regionale Gianluca Vignale, che mirava a sottoporre al voto dei cittadini la razionalizzazione in ambito sanitario ospedaliero.

La votazione si è chiusa con 30 sì (cioè a favore dell’inammissibilità) e 15 no. Contro il referendum hanno votato Pd, Sel, Scelta Civica, Moderati e Chiamparino per il Piemonte, a favore Fi, M5s, Ln, Mns.

Sull’ammissibilità del quesito, peraltro, si è già espressa la Commissione di garanzia, organo consultivo indipendente della Regione, che, interpellata dall’Ufficio di presidenza, competente nel giudizio di ammissibilità, ha definito la delibera di riorganizzazione “un atto amministrativo di esecuzione di norme legislative” e pertanto non sottoponibile a referendum ai sensi dello Statuto regionale. Di fatto, quindi, per la Commissione, si tratta di mera applicazione di norme nazionali.

Ma in Ufficio di presidenza la votazione sull’inammissibilità della consultazione non è stata unanime (assente il consigliere segretario Gabriele Molinari, hanno votato per l’ammissibilità la vicepresidente Daniela Ruffino e il consigliere segretario Giorgio Bertola) e così, come prevede la legge regionale e per la prima volta nella storia della Regione Piemonte, è stata l’Assemblea a esprimersi sull’ammissibilità di una proposta referendaria.

Se il Consiglio avesse dato parere favorevole, per il quale era necessaria una maggioranza assoluta (26 voti), sarebbe partita la raccolta delle 60 mila firme di cittadini elettori per poi procedere all’indizione del referendum.

 

“Rappresentiamo qui – ha sottolineato Gianluca Vignale (Mns) nel suo intervento – gli oltre 2 mila cittadini che hanno sottoscritto la richiesta del Comitato, tra cui tanti amministratori locali, di tutti i colori politici.

Chiediamo di poter raccogliere le 60 mila firme necessarie per un referendum su una delibera che, ribadisco, non è meramente attuativa di norme nazionali. Quattro delibere di intenti, di cui due della precedente amministrazione, sulla stessa legge, la cosiddetta Balduzzi, dimostrano che esiste un margine di discrezionalità.

Che il tema sia discrezionale è poi scritto nella Costituzione, visto che l’organizzazione della salute è una materia su cui la potestà legislativa è concorrente”. “Chi ha votato ‘sì’ – ha concluso – si è espresso per dare la possibilità ai cittadini di dire la loro su questa delibera, chi ha votato ‘no’ ha impedito agli elettori di esercitare un loro diritto”.

 

“Riteniamo significativo – ha invece argomentato il capogruppo del Partito Democratico Davide Gariglio – il lavoro fatto dall’Ufficio di presidenza e dalla Commissione di garanzia, una camera terza, che, all’unanimità e dopo aver ascoltato sia il consigliere Vignale che l’assessore Saitta, ha espresso un giudizio di inammissibilità.

La delibera rientra chiaramente tra gli atti amministrativi che eseguono disposizioni di legge nazionale, che sono ancora più stringenti per le regioni, come la nostra, in piano di rientro.

Voglio anche ricordare che chi ci fa la morale oggi faceva parte di una maggioranza politica che, ad esempio, ha chiuso il Valdese ed è curioso che si cambi posizione a seconda del lato dell’emiciclo in cui si siede.

La nostra Giunta, al contrario, è fortemente impegnata nel ridurre le liste di attesa e nel razionalizzare la sanità senza penalizzare i servizi”.

 

“Rispetto il parere tecnico della Commissione di garanzia – ha rilevato Gilberto Pichetto, capogruppo di Forza Italia – ma noi oggi siamo chiamati a una valutazione politica, cioè dobbiamo decidere se gli elettori possono o meno esprimersi su un tema, quello della riduzione dei servizi sanitari, molto delicato, e su un settore, quello della sanità, che assorbe più dell’80 per cento del bilancio della Regione.

Credo sia un diritto dei piemontesi potersi esprimere con un referendum perché una delibera come quella della revisione della rete ospedaliera qualifica una Giunta e la sua maggioranza, e quindi deve essere valutata e giudicata dai cittadini”.

 

“La questione è molto rilevante – ha sottolineato il consigliere del Movimento 5 Stelle Davide Bono – poiché riguarda due temi che ci stanno molto a cuore, l’esercizio della democrazia e la sanità. Ancora una volta il Consiglio regionale rifiuta di sentire il parere dei cittadini piemontesi, come è successo per il referendum sulla caccia, per il quale nel 1987 sono state raccolte le 60 mila necessarie all’indizione di un referendum, che non si è mai tenuto.

La democrazia è un diritto dei cittadini ma è anche un dovere da parte di chi siede tra questi banchi e i cittadini li deve rappresentare”.

 

“Tanto più – ha aggiunto Stefania Batzella (M5s) – che su questo tema l’assessore non ha ascoltato le tante istanze dei territori e non ha consultato neanche i consiglieri regionali, scrivendo delibere che chiudevano servizi nelle segrete stanze dell’assessorato”.

 

“Il mio voto è contrario a un referendum su questo tema – ha affermato Alfredo Monaco, capogruppo di Scelta di rete civica per Chiamparino – perché in questo modo abdicheremmo al nostro compito, scaricando sui cittadini il giudizio su una delibera complessa, con una forte componente tecnica.

Una delibera sofferta, magari non condivisibile in tutti i suoi aspetti, ma necessaria e vincolata da norme nazionali, che ci ha aperto la strada per uscire dal piano di rientro.

Occorre che la politica si riappropri del suo ruolo, che è quello di discutere nelle sedi opportune, formulando proposte e presentando riflessioni. Ad esempio, ritengo fondamentali percorsi protetti per gli interventi di chirurgia oculistica, che necessitano di sterilità assoluta, ma con l’inserimento dell’oculistica in ambiti multidisciplinari.”.

 

“Abbiamo criticato questa delibera – ha affermato il capogruppo Sel Marco Grimaldi – per lo schema rigido e cieco, imposto da normative nazionali, che rende incomprensibili certe decisioni.

La sanità pubblica ha retto la forza d’urto di questa crisi ma si sono create profonde disuguaglianze. Crescono le liste d’attesa e chi se lo può permettere paga, spesso al di fuori del sistema pubblico locale e fuori regione, tanto è vero che abbiamo una mobilità passiva molto elevata, che ci costa più di 200 milioni.

Chi invece non può cerca scorciatoie, nella maggior parte dei casi sbagliate, come i pronto soccorso. Il rischio è che la sanità non sia per tutti uguale e che nel pubblico rimangano solo i debiti.

Questa tendenza si inverte solo investendo sulle risorse umane, con un piano programmate di assunzioni stabili in tutte le Asl”.

 

“Mi pare che la discussione su questo tema – ha concluso l’assessore alla Sanità Antonio Saitta – si attesti intorno a due grandi blocchi, quello dei progressisti e quello dei conservatori, di chi si occupa della sostenibilità del sistema sanitario dei prossimi anni e di chi no. Noi ci siamo assunti la responsabilità di guardare al futuro rimodulando l’offerta sanitaria in funzione del cambiamento della domanda e siamo così usciti dal piano di rientro.

Se possiamo ultimare l’ospedale di Verduno, se possiamo dire che completeremo Valle Belbo, se possiamo avere una maggiore autonomia è perché siamo usciti dal piano di rientro, anche grazie alla delibera che si vuole sottoporre a referendum, ed è un merito che noi ci assumiamo.

Inizia ora una nuova fase, che richiederà altrettanto impegno e per la quale sarà fondamentale il confronto con il Consiglio regionale, che completerà il nostro lavoro e restituirà ai piemontesi un nuovo sistema sanitario, che garantirà ai cittadini servizi sanitari e sicurezza”.

 

Sono inoltre intervenuti nel dibattito i consiglieri Paolo Allemano, Nino Boeti, Domenico Ravetti e Andrea Appiano (Pd), Giorgio Bertola e Mauro Campo (M5s), Massimo Berutti, Claudia Porchietto, Daniela Ruffino e Diego Sozzani (Fi).