Notiziario di ottobre di Pro Natura Cuneo: in Memoriam di un’ex “Città Giardino”

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Sono ormai lontani gli anni in cui il riservato e tranquillo capoluogo della Provincia Granda si fregiava con orgoglio del suggestivo e invitante appellativo di “Città Giardino”.

Sono ancora più lontani i tempi in cui i “nostri vecchi” parlavano con sufficienza delle confinanti aree d’Oltralpe, sottolineando maliziosamente il mediocre stato di manutenzione delle loro strade.

Sono passati decenni, stagioni e generazioni; sono mutati gusti, cultura e modo di vivere; sono cambiate lingue, ricorrenze e tratti somatici: qualcuno, tuttavia, cerca ancora di convincere (e convincersi) che, nonostante tutto, “Cuneo si fa bella”.
E’ questo lo slogan che ormai da molto tempo continua a riecheggiare tra portici e piazze, che viene periodicamente sbandierato da operatori/opinionisti non del tutto obiettivi, o forse solo troppo miopi per non cogliere appieno la reale atmosfera di una città in costante e preoccupante degrado.

Sono perfettamente consapevole che ciò possa apparire ai più come un incipit del tutto fuori tempo, come l’insensato piagnisteo di un vecchio nostalgico e decotto, come un ottimo pretesto per interrompere la lettura e guardare altrove…
Già, guardare altrove…, ma dove? Al di là di vuoti preconcetti, di prese di posizione faziose o interessate, è proprio guardandosi intorno mentre si percorre questa potenzialmente splendida città, osservando l’ambiente in cui ci si muove tutti i giorni, prendendo coscienza di ciò che costantemente si presenta sotto gli occhi che si arriva – anche senza volerlo – a vedere, capire, giudicare la realtà effettiva in cui ci troviamo immersi.
I punti di interesse, di meditazione (e di sconforto) non mancano di certo a chi si aggiri oggi per le strade e per i viali cuneesi, e questo – vorrei sottolinearlo ancora una volta – indipendentemente dalla storia, dalla sensibilità, dalle ideologie e dai modi di pensare di ciascuno.
Strade, viali, muri, palazzi sono parti essenziali per una città che dovrebbe essere sentita e vissuta da tutti come una “casa”, il luogo della vita (verrebbe quasi da dire dell’anima) di chi la abita e di chi la amministra, che mai e poi mai dovrebbe essere trascurata, deturpata o – ancora peggio – violentata.
A Cuneo, bisogna ammetterlo, esistono sintomi di un degrado allarmante, aspetti che possono insieme inquietare e indignare, ma che non possono non essere visti e, soprattutto, non possono essere coscientemente ignorati, indipendentemente dalle singole situazioni culturali, anagrafiche e sociali.
Eccone una breve, ma purtroppo incompleta esemplificazione.

Verde che non c’è più e verde che non dovrebbe esserci.

E’ inutile girare intorno al problema: la situazione del verde pubblico a Cuneo è a dir poco disastrosa.

E’ altrettanto inutile ripetere ancora una volta quanto la stessa Pro Natura sostiene ed evidenzia ormai da anni a tale riguardo.
Alberi tagliati che non vengono sostituiti, potature approssimative, decisioni assunte arbitrariamente in ordine alla vita o alla morte di piante e/o di intere zone verdi, panchine fatiscenti o dalla dubbia stabilità…
Senza contare lo stato di evidentissimo degrado che presentano aree istituzionalmente deputate alla pubblica condivisione del verde: le condizioni di superfici che ancora ci si ostina a chiamare «giardini», come quelli intitolati a Dino Fresia e a Duilio Del Prete, sono sotto gli occhi di tutti.
E poi, in città c’è un altro genere di verde.

Sono le innumerevoli erbacce che prolificano e si sviluppano sui nostri marciapiedi e su altri spazi di passaggio pubblico, raggiungendo dimensioni imbarazzanti, anche in pieno centro cittadino.

Al di là di inutili e sterili polemiche sui metodi di intervento e sulle sostanze diserbanti più o meno “sensibili” che si potrebbero utilizzare, è chiaro che a questo problema non si vuole dare una soluzione, con buona pace della sicurezza e del decoro cittadino: è vero o no che Cuneo è «il parco con la città dentro»?

Strade o percorsi a ostacoli? E’ sconsolante vedere oggi lo stato di marcato dissesto in cui versa il fondo delle strade cuneesi.

E dicendo «strade» si intendono tutte le strade, anche quelle che solcano i quartieri più centrali.

Gli strati di asfalto malamente sovrapposti, le buche, i rappezzi improvvisati, l’incuria che si evidenzia in modo allarmante non sono solo vergognosi biglietti da visita per la città, ma vere e proprie trappole pericolose per la sicurezza e l’incolumità di chiunque (bambini e anziani, pedoni e ciclisti compresi) si avventuri per le strade cittadine.
A proposito di ciclisti, è demoralizzante considerare lo stato del fondo di numerose piste ciclabili urbane.

Non si può tentare di pubblicizzare Cuneo come una città amica dei ciclisti, se poi la si può percorrere solo con una solida mountain-bike, nè tanto meno sperare che i potenziali utenti non abbiano mai visto le piste ciclabili degli altri Paesi europei…

Storie di arte e di (in)civiltà. Ulteriore motivo di riflessione è dato dal dilagare di una discutibile forma d’arte contemporanea: quelle scritte-ideogrammi più o meno indecifrabili che sempre più numerosi vandali disegnano sui supporti più vari.

Innumerevoli graffiti ornano e arricchiscono (!) cancelli, saracinesche, sportelli, contatori, raccoglitori di rifiuti e altre installazioni di pubblica utilità.
E i muri? Vengono a poco a poco ricoperti di scritte misteriose, redatte in colori forti e possibilmente indelebili…

E l’aspetto più preoccupante è che questi capolavori aumentano visibilmente di giorno in giorno, anche sui pilastri dei portici del centro, mentre le adiacenti vie laterali sono ormai letteralmente tappezzate da queste onnipresenti e indefinibili scritte.

Logica vorrebbe che questo fenomeno fosse contrastato con una più attenta prevenzione e sorveglianza, insieme a idonei provvedimenti punitivi nei confronti di tutti quanti venissero colti a “decorare” così indecentemente muri, portici e palazzi; salvo considerare il fenomeno come una nuova espressione creativa o una moderna e geniale forma di arredo urbano…

Quanto sopra può sembrare uno scontato cahier de doléances, ma gli aspetti fin qui accennati sono troppo preoccupanti per non essere presi in seria considerazione.
Sarebbe facile in questa sede tirare in ballo concetti abusati e forse un po’ retorici come quelli di civiltà, di coscienza sociale, di responsabilità; sarebbe però imperdonabile non denunciare un certo tipo di situazione che forse proprio da queste pagine potrebbe trovare un inizio di riscatto, l’avvio di un percorso virtuoso di sensibilizzazione che una realtà profondamente radicata nel territorio, quale è Pro Natura, sarebbe perfettamente in grado di indicare.
Civiltà, coscienza e responsabilità, tuttavia, rischiano di rimanere vuote immagini concettuali in mancanza di un ulteriore principio, potenzialmente in grado di rafforzarle e sublimarle tutte: quello di Educazione.
E qui il discorso potrebbe tranquillamente terminare.
Diciamocela tutta: l’Educazione (quella con la E maiuscola) è defunta, e nessuno o quasi si prende oggi la briga di venerarne la memoria e – peggio – di metterne in pratica gli insegnamenti.
E’ deprimente, per chi è cresciuto con un certo tipo di forma mentis, verificare in ogni istante come determinati principi che indirizzavano i percorsi di vita e di comportamento quotidiani siano stati oggi dimenticati o addirittura stravolti nell’attuale modo di pensare.
Le erbacce crescono ovunque e non vengono estirpate? Certo, perché l’uso di determinati erbicidi può rivelarsi dannoso per la salute umana…
I bambini si arrampicano sui monumenti e li rovinano imbrattandoli? E’ giusto, perché fin da piccoli devono poter essere in grado di fare quel che vogliono…
I graffiti deturpano ormai in modo irreversibile muri e facciate? Bellissimo, sono espressioni di creatività e di comunicazione sociale…

Ma, ancora peggio, è constatare certi tipi di reazione da parte di un determinato pubblico distratto, superficiale e socialnetwork-dipendente.
Le strade sono tenute male? Rispetto ad altre parti del nostro Paese sono quasi autostrade…
I portici sono poco puliti? Altri centri urbani lo sono assai di più…
Il solito vecchio brontolone va ripetendo che la città è in degrado? Ha solo da andarsene e trasferirsi altrove…

Io credo che non mi trasferirò mai altrove.

Amo troppo questa città per lasciarla, anche solo temporaneamente, e vorrei per quanto possibile che anche gli altri la amassero e la curassero come essa merita, valorizzandola e rispettandola quale bene comune.
La città è in qualche modo un essere vivente, fatto di strade, di case, di muri: un essere che in qualche modo respira, cambia, ospita tutti noi; un luogo in cui albergano sogni, esperienze, contatti; una cornice ideale per amicizie, giochi, ricordi; in poche parole, un patrimonio che in quanto tale tutti dovremmo aver a cuore, difendere e abbellire.
Un sogno? Certamente. Un’illusione? Forse. Un’utopia? Può essere.

Ma, per favore, non si dica più che “Cuneo si fa bella”.

 

Francesco Bigotti