Disoccupazione del 5,3% in Granda ma le PMI avvertono: “Bisogna fermare inattività e fughe all’estero”

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Disoccupazione al 5,3% nel 2015, dato che pone la Granda nel novero delle prime tre province italiane con il più basso indice percentuale di senza lavoro, ma questo non può e non deve bastare.

Soprattutto con riferimento agli ex occupati e ai giovani, la vera sfida è prevenire la circostanza che una quota consistente di essi si rifugi nel limbo della inattività o ancora, con riguardo specifico alla componente giovanile, della migrazione all’estero, fenomeno che non sta risparmiando neppure il Cuneese. Una sfida che viene percepita e fatta propria soprattutto dal sistema delle PMI, come confermano le azioni di politica economica e sindacale poste in essere da Confapi provinciale sia per gestire gli effetti sociali immediati della crisi, gravanti su imprese e personale dipendente e collaboratore, sia per favorire stabili occasioni e momenti di mutua collaborazione fra aziende di settori identici o complementari, con i meccanismi tipici delle cosiddette Reti di impresa, utili a condividere i cicli critici, per attenuarli, e quelli espansivi, per massimizzarli dal punto di vista della tenuta produttiva e occupazionale. “Il dato della disoccupazione provinciale va inteso come sfida per intervenire su quelle zone grigie in cui si insinua un disagio di imprese e maestranze che si affianca a tale statistica – commentano i vertici di Confapi, dal Presidente Pierantonio Invernizzi al Vice Giuseppe Rossetto – Per tale ragione abbiamo, fin dalla costituzione della nuova sede associativa in primavera 2015, agito nel senso di organizzare i nostri uffici come veri e propri sportelli in grado di sbloccare senza intoppi burocratici quanto le leggi e i bandi prevedono dal punto di vista degli ammortizzatori sociali, come la nuova Naspi, e da quello dei sostegni alle assunzioni, alla occupabilità e all’aggiornamento di profili e competenze. Occorre far sì che il calo della disoccupazione formale non venga bilanciato da fenomeni altrettanto negativi come la inattività o la fuga di talenti e professionalità all’estero. Le Reti di impresa, a cui puntiamo, servono a irrobustire la nervatura e gli anticorpi delle singole aziende che ne fanno parte”.