Patrizia Manassero: “Che sia un 8 marzo di festa ed approfondimento”

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L’8 marzo è la Giornata internazionale della donna, un momento che rischia sempre più di mutare in festa commerciale o rito obbligato. In molti centri cresce l’impegno delle donne per interpretarla al meglio attraverso momenti culturali e di dibattito ed approfondimento.

È questa la strada giusta nella consapevolezza che, oltre il momento di festa da vivere, ci sia molta strada da compiere e che dobbiamo essere noi a realizzarla. Per questo ritengo utile ricordare il decreto che esattamente 70 anni fa, il 10 marzo, riconosceva alle donne il diritto di piena cittadinanza ossia la possibilità di votare e di essere elette.

 

Le donne italiane hanno quindi una storia relativamente breve di esercizio di cittadinanza ma hanno saputo da subito svolgerlo bene: penso alle 21 donne elette all’Assemblea Costituente su 556 seggi attribuiti in occasione del referendum del 2 giugno 1946. Il loro contributo fu determinante per la scrittura degli articoli sull’uguaglianza dei cittadini, sulla famiglia e sul ruolo delle donne.
È stato proprio grazie alla presenza delle donne e al lavoro parlamentare svolto in modo trasversale che si sono conquistare le leggi a tutela della maternità, contro la violenza sessuale o la riforma del diritto di famiglia. Leggi che hanno modificato radicalmente il Paese e migliorato la vita di tutti.

Anche nella recente discussione in Senato sulla legge delle unioni civili molte parlamentari sono state tenacemente in prima fila per approvare un provvedimento che estende diritti a minoranze che ne erano prive.

C’è un dato positivo e incoraggiante da cui partire. Negli ultimi anni le donne hanno ottenuto risultati significativi nella leadership in ambito economico e politico e possiamo dire che si è determinata una svolta importante.

 

È stata la legge Mosca, fortemente voluta dalle parlamentari, che impone di avere almeno il 20% di donne nei consigli di amministrazione delle società pubbliche e private a migliorare sensibilmente i dati. Il 27,3% di donne nei consigli di amministrazione (Consob, 2015) rappresenta un buon esempio a livello europeo in cui la media è del 20%. È così anche per il numero dei dirigenti con le donne al 29% contro la media europea del 21% (Openpolis, 2015).

L’ottimismo si ferma però alle posizioni apicali visto che il problema del lavoro resta diffuso. L’Istat misura in 2,7 milioni le donne che, se entrassero nel mercato del lavoro, consentirebbero all’Italia di allinearsi con la media europea. Oggi siamo infatti ultimi in Europa per tasso di occupazione lavorativa femminile che, pur in costante aumento negli anni, è ben lontano anche dall’obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona che prevedeva l’impiego del 60% di donne entro il 2010. Banca d’Italia stima che il raggiungimento di queste soglie di occupazione femminile avrebbe ricadute positive per tutta la società facendo crescere il Pil del 7%.

 

Studi internazionali evidenziano come la bassa occupazione delle donne sia sintomatica di una condizione generale di disuguaglianza. Il World Economic Forum che ogni anno misura le differenze di genere pone l’Italia al 69° posto nella classifica mondiale ed è un risultato che ci racconta quanta strada abbiamo ancora da fare.

Le donne vogliono entrare nel mercato del lavoro e per questo studiano, si preparano e superano i loro coetanei maschi nell’istruzione ottenendo più e migliori risultati. La nostra organizzazione economica e sociale continua a vederle responsabili del lavoro domestico e di cura al quale dedicano una fetta importante del loro tempo sottraendolo al lavoro esterno e alla possibilità di fare carriera. Nonostante le tutele raggiunte, la maternità è ancora discriminante per le donne ed è per questo che stiamo lottando per introdurre permessi obbligatori anche per i padri, in occasione della nascita di un figlio, per rendere condiviso il costo sociale della genitorialità.

Il lavoro di cura incide sui percorsi lavorativi delle donne che scelgono part-time e orari ridotti o elastici, hanno meno possibilità di crescita e quindi sono penalizzate sulla retribuzione e successivamente sulla pensione. Questi i motivi di una significativa differenza nella retribuzione del lavoro femminile e di pensionate più povere. Per questo ha senso difendere oggi le pensioni di reversibilità.

Il Parlamento sta lavorando a una nuova legge sul lavoro autonomo che intende estendere anche a questa categoria di lavoratrici le tutele della maternità.

Buona festa a tutte per l’8 marzo con la speranza di maggiori opportunità di lavoro per tutte le donne perché da qui passa la strada della crescita e del benessere personale e dell’intera società.

 

Sen. Patrizia Manassero