IL FICCANASO – Tollerenza fra tifosi di calcio, una chimera? | Amare riflessioni dopo la rissa fra genitori durante il baby derby Juventus-Torino

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Il papà ha il volto tumefatto, la mamma porta il collare ortopedico: raccontano una brutta storia e un cattivo esempio che ha sullo sfondo una partita di bambini. Uno dei piccoli calciatori, di colore, sembra più grandicello dei compagni e così in tribuna, tra genitori ultrà, le insinuazioni sull’età infiammano la discussione.

 

Zuffa verbale che trascende a fine gara, quando una signora d’origine cubana diventa oggetto d’offese razziste e poi aggredita, finendo in ospedale insieme con il marito. Scatta la denuncia, monta lo sconcerto, le testimonianze colpiscono e rimbalzano in rete. Ti chiedi come siano possibili tanta cattiveria e violenza in una sfida tra bimbi di dieci anni. Purtroppo non è un caso isolato: solo amplificato dal fatto che si giocasse un baby derby tra Juventus e Torino e dal coraggio dei genitori malmenati di mostrarsi con lividi e cerotti. Di fattacci così, in realtà, ne capitano decine, nel calcio di più, ma un po’ in tutti gli sport. Sogni in campo e insulti in tribuna, il disincanto dei ragazzini e il peggio degli adulti, frustrazione e ineducazione che tracimano, inquinando quello che dovrebbe essere un gioco. Spesso, in realtà, detonatore è proprio la distorsione di non considerare gioco una sfida tra bambini, ché in campo non c’è un figlioletto felice con un pallone, ma un Messi in miniatura che l’allenatore non vede, l’arbitro non protegge, l’avversario non omaggia.

 

E allora vai con le pressioni addosso al piccino e con il tifo esagitato da peggior curva, vai con gli incitamenti choc («Picchialo, atterralo…») e con le parolacce a genitori d’opposta fazione che ribattono, vai con le mani alzate o i colpi di borsetta, ché, narra la cronaca, le mamme non sono da meno. Prima degli aggrediti di turno, vittime sono sempre i bambini, spogliati del divertimento che cercano e centrifugati nel malcostume dei grandi, innocentemente rassegnati o giustamente impauriti, a volte purtroppo contagiati dal livore. Juve-Toro è solo l’ultimo caso, ma offre comunque lo spunto per una citazione bipartisan: a Paolo Pulici, icona granata, viene attribuita una frase amara, provocatoria e sincera, per cui una squadra giovanile ideale dovrebbe essere composta da orfani, mentre Alessandro Birindelli, gloria bianconera di ieri, giunto da allenatore giovanile a ritirare i suoi ragazzini dal campo perché i familiari litigavano in tribuna, dice chiaro e tondo che bisognerebbe allenare anche i genitori. Nota a margine: la storiaccia degli insulti e delle offese al baby derby è venuta a galla nei giorni del sangue su Parigi, del terrore sparso, dello spettro dell’Isis, in cui una delle cose più complicate è stato spiegare l’orrore ai bambini e lasciare loro intatta la speranza. Chissà come avranno fatto, con che parole e con che faccia, i genitori rissaioli di quel derby, o d’altri mille derby sfuggiti alle cronache, a parlare di tolleranza, rispetto, pace e cultura…

 

AB