Cuneo: inaugurata la nuova sede dell’AgenForm

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L’Agenzia dei Servizi Formativi della Provincia di Cuneo (AgenForm) per inaugurare, nel migliore dei modi, la nuova sede del capoluogo, in piazza Torino, all’interno dell’edificio dell’ex Macello, condiviso con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ha organizzato, insieme al Comune, sei tavoli di lavoro riguardanti il settore agroalimentare.

Un importante momento di dialogo e di confronto fra tutti gli attori interessati alla filiera: amministratori locali; Enti di ricerca e di formazione; imprenditori agricoli e aziende che trasformano i loro prodotti.

 

Il tavolo 1 bis doveva indicare tre linee di intervento alla domanda “Quali le strade per l’implementazione dell’innovazione nelle imprese?”, occupandosi, in modo particolare, della ricerca e della “sua” divulgazione. In sostanza, cercando di dare risposte sul come farla conoscere e promuoverla a vantaggio delle tante piccole e medie aziende di produzione e di trasformazione del settore agroalimentare presenti in provincia di Cuneo.
Al confronto hanno partecipato i docenti universitari del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Cristiana Peano, Paolo Gay e Cinzia Barbieri, l’esperto del Laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Torino-Sicurezza Alimenti, Edoardo Fontanella, il funzionario della Regione Piemonte-Servizi Sviluppo Agricolo, Piero Cordola, il direttore del Polo di Innovazione Agroalimentare Tecnogranda, Giorgio Diquattro, il presidente di Alleanza Cooperative Piemonte (1770 aziende di Confcooperative, Legacoop e Agci), Domenico Paschetta, il produttore di carni e salumi tipici di Ferrere d’Asti, Massimo Quadro, e la rappresentante di AgenForm, Emilia Brezzo.
Il dibattitto è stato estremamente interessante e ricco di spunti di riflessione ed ha messo in luce come l’agroalimentare sia il settore che ha innovato di più in questi anni rispetto ad altri comparti. Con, però, una difficoltà, in particolare per le piccole imprese: e cioè quanto sia ancora difficile avere le informazioni necessarie per accedere ai percorsi che favoriscano i progetti di innovazione.

 

I professori universitari hanno riconosciuto i loro limiti nel divulgare la ricerca soprattutto nei confronti delle aziende di minori dimensioni che, da sole, non hanno i mezzi per affrontare l’innovazione, ma hanno anche posto l’accento sul fatto che, sovente, gli imprenditori si ricordano delle indagini e degli studi solo quando ne hanno bisogno. Di conseguenza, è emersa impellente l’esigenza, da parte di tutti gli attori interessati all’agroalimentare, di sedersi attorno a un tavolo, con l’obiettivo di aprire un dialogo continuo e di cercare le migliori strade per rendere attuabile una necessaria collaborazione. Individuando, comunque, progetti di medio e lungo termine e non “a spot” , in quanto, questi ultimi lasciano sul campo, quasi sempre, poco di concreto.
Un’esperienza rilevante sul territorio nella direzione della lunga prospettiva è quella della Società Cooperativa Agrifrutta di Peveragno e Saluzzo, la quale cura il percorso del prodotto dal campo alla tavola del consumatore. Sull’aspetto divulgazione, il rappresentante della Regione ha precisato che il settore di sua competenza ha trasmesso la richiesta di mail a 50.000 aziende del settore per inviare loro una newsletter informativa continua.

 

Hanno risposto in 4000. Quindi, dall’altra parte, soprattutto per quanto riguarda le aziende piccole che fanno comunque più fatica e avrebbero maggiore bisogno di aiuto, non c’è, spesso, la volontà di avere le notizie utilizzando i canali ufficiali. In ogni caso, le imprese devono mettersi insieme inserite in un progetto di filiera, cambiando la mentalità culturale del loro lavoro e utilizzando la ricerca come strumento di innovazione. Su questo aspetto è stato evidenziato che, molte volte, gli imprenditori mirano innanzitutto ad ottenere i finanziamenti pubblici per portare avanti i loro interventi. Però, seppure questi ultimi siano indispensabili, dovrebbero essere prima le aziende a mettersi in gioco e a rendere disponibili i soldi per gli investimenti.
L’innovazione, poi, non dovrebbe solo riguardare il modo di produrre e commercializzare, ma anche l’organizzazione di un’impresa: il personale; la gestione economica; l’ottimizzazione delle risorse.
Da parte di tutti è stata segnalata la lungaggine e la pesantezza degli iter burocratici per ottenere i finanziamenti pubblici.

 

In particolare, poi, il direttore di Tecnogranda ha posto in evidenza le differenti strade che devono imboccare le aziende produttrici e quelle di trasformazione per accedere ai fondi. Il rischio è di tagliare fuori una parte di filiera: di conseguenza occorrerebbe individuare un percorso unico. Il rappresentante della Regione ha sottolineato che, con l’avvìo del nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 di fondi europei, si dovrebbe arrivare a un’informatizzazione delle domande capace di accelerare i tempi. Seppure la modifica di alcune procedure abbia introdotto livelli superiori di controllo di cui non si conoscono gli effetti pratici.
Infine, è stato posto l’accento sul consumatore che, spesso, non percepisce quanto la qualità dei prodotti sia frutto dell’innovazione. Soluzioni? Forse l’etichettatura, anche se un produttore che vende qualità dovrebbe raccontarla sulla confezione già di suo e non perché qualcuno glielo impone.