La vicenda è rimbalzata dalle pagine della Stampa alle cronacche locali in men che non si dica: un gruppo di studenti di un liceo cuneese avrebbe sottoposto a diverse umiliazioni fisiche e psicologiche un loro compagno, mentre si trovavano in gita a Roma, filmando l’accaduto e condividendolo sui social.
Al loro rientro i 14 studenti sono stati severamente puniti dalla preside, “troppo severamente” a detta di alcuni genitori, che hanno affidato il loro sfogo ancora una volta, alle pagine della Stampa, afffermando che per una bravata i loro figli rischiano di perdere un anno. Dieci sono stati sospesi e avranno il 4 in condotta.
Altri, che hanno partecipato non materialmente ma non sono intervenuti e non hanno denunciato il fatto subito avranno tre giorni di sospensione e una condotta insufficiente. Anche al ragazzo sono state riconosciute delle responsabilità e gli è stato abbassato il voto in condotta. Per la preside si è trattato di un gesto gravissimo, ma da più parti la parola “bullismo” sembra essere considerata eccessiva. Anche l’assessore regionale difende la scuola dicendo: “Era necessario intervenire”, mentre proprio oggi si apprende che un genitore ha fatto ricorso contro la scuola per la sospensione.
Abbiamo chiesto il parere di un esperto, Luciano Cavallero, insegnante, formatore, nonché presidente dell’associazione Giramondo onlus, che attualmente porta avanti un progetto chiamato “Io non ci sto”, che si occupa di prevenire e comprendere il bullismo e altre forme di violenza: “Non vedo alcuna eccezionalità, purtroppo, in questa vicenda. Si tratta dell’ennesima storia di vittime. Da più punti di vista: da un lato i professori, che consapevoli dei rischi nell’accompagnare i minori, si vedono rovinare un viaggio di certo valore didattico e aggregativo a causa dell’irresponsabilità di pochi; poi c’è il ragazzo deriso, che dovrà fare i conti con le leggi del branco, prima ancora che con quelle scolastiche. Poi i “carnefici”, incapaci di divertirsi senza deridere qualcuno, incapaci di utilizzare la tecnologia, vittime di una società che non dà loro speranza per il futuro, ma che pretende da loro prestazioni sempre al top. I genitori, che a seconda del ruolo che ricoprono i loro figli, persecutori o perseguitati, chiedono maggiore comprensione oppure pene esemplari. Il Dirigente infine, che dovendo mediare quotidianamente, verrà a sua volta giudicato sempre e comunque troppo tenero, da alcuni, e troppo duro da altri“.
“In questo caso – continua Cavallero – ha prevalso la linea dura; speriamo che serva e lasci un segno nei coinvolti e in tutti noi. Gli scherzi non sono scherzi se umiliano qualcuno. E i social network lasciamoli un po’ stare“.
SV