Il sacrificio dei fratelli Carando, rievocato a Bra 70 anni dopo | Il 5 febbraio 1945 i partigiani Ennio ed Ettore Carando, insieme a Leo Lanfranco, furono fucilati dai fascisti a Villafranca Piemonte dopo atroci torture

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Perfino giovanissimi e sgomenti testimoni furono obbligati ad assistere alla fucilazione di partigiani a Villafranca Piemonte. Occhi innocenti come quelli di Quirico Costamagna, bambino di Villafranca Piemonte presente al massacro.

«Non avevo ancora dieci anni e mi trovavo a passare vicino all’ala di Villafranca con un amico di un anno più giovane di me» ha ricordato Costamagna «i repubblichini ci hanno fermati e poi costretti ad assistere all’esecuzione. Ricordo che ad un certo punto, mentre i tre partigiani gridavano “Viva l’Italia libera”, un milite si staccò dal plotone di esecuzione e con una mitraglietta sparò ai partigiani da distanza ravvicinata all’altezza della bocca, per impedire quel gesto di estremo coraggio. Dopo l’esecuzione, i corpi dei fucilati furono fatti sfilare su un carro per le vie di Villafranca, per spaventare una popolazione già sgomenta da tutta quella violenza».

 

Con la partecipazione dei familiari dei Caduti, delle associazioni combattentistiche e d’arma braidesi e di rappresentanze studentesche del Liceo Giolitti Gandino e dell’Istituto Guala, l’Amministrazione civica di Bra ricorderà il sacrificio dei fratelli Carando giovedì 5 febbraio 2015 in via Carando, scoprendo alle 9 del mattino una targa ricordo che sarà apposta sulla facciata dell’immobile del numero civico 2.

 

«Ringraziamo i proprietari dell’immobile e l’amministratore di condominio Danilo Giachello per la disponibilità dimostrata – hanno dichiarato il sindaco Bruna Sibille e l’assessore alla cultura Fabio Bailo – ogni cittadino di Bra passando per via Carando potrà ricordare quale sia stata l’opera di questi fratelli e quale il rinnovamento che la loro azione ha attivato, un rigore morale che ha lasciato un segno profondo nella storia di Bra e del Piemonte».

 

I fratelli Ennio ed Ettore Carando sono figli di Achille, medico condotto e ufficiale sanitario di Bra. Il dottor Carando giunge nella città della Zizzola nel 1908 da Pettinengo, nel biellese, e ben presto si fa benvolere da tutti. Il primogenito, Ennio, dopo essersi laureato in filosofia presso l’Università di Torino, comincia ad insegnare nei licei di Torino, Modena, Cuneo e Savona Dopo l’8 settembre, entra a far parte della resistenza delle formazioni liguri, ma poi, seguendo alcuni allievi che raggiungono le formazioni partigiane piemontesi, sente il dovere di non lasciarli soli e raggiunge il Piemonte per arruolarsi nelle formazioni garibaldine.

 

Ettore nasce a Bra undici anni dopo il fratello Ennio, nel pieno della prima guerra mondiale. Frequenta la regia Accademia militare di Torino dalla quale esce con il grado di sottotenente di artiglieria. Nel 1938, é alla Scuola allievi ufficiali di Bra. Nel luglio 1941 va volontario in Libia, ma, rimpatriato per malattia contratta in servizio, é richiamato alla Scuola di Bra e quindi promosso capitano. In seguito alle sue insistenze per essere rinviato al fronte, viene trasferito al 122° Reggimento di artiglieria presso Mantova.

 

L’8 settembre lo raggiunge in quella sede: fatto prigioniero dai tedeschi con tutti gli ufficiali, riesce a fuggire ed a raggiungere casa ed, in seguito, ad unirsi ad Ennio nella lotta partigiana. Per il loro impegno nelle fila partigiane sono catturati dalla Guardia nazionale repubblichina: un destino terribile li unisce a Leo Lanfranco il 5 febbraio 1945 a Villafranca Piemonte, dove la popolazione sgomenta li vede, sanguinanti per le torture subite, raggiungere l’improvvisato patibolo preparato a pochi passi dal municipio. Cadono sotto il fuoco della milizia gridando “Viva l’Italia libera!”.

 

Pochi giorni prima di essere catturato e ucciso, Ettore Carando aveva scritto alla moglie Itala: «Cara, se dovessi morire, ricorda che ho cercato solamente di fare il mio dovere, non soltanto di soldato ma di cittadino italiano. Ho speranza che questa mia lotta sia servita a dare al mio Paese un futuro migliore».