Usura ai danni di 9 imprenditori della Granda

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Prestiti da un minimo di 5mila fino ad un massimo di 80mila euro e in alcuni casi le vittime diventavano complici

Martedì 13 gennaio 2015 – 13.00

Le indagini partono nel mese di febbraio del 2014, allorché un imprenditore residente nel cebano, disperato poiché non riusciva più a far fronte alle pressanti richieste del proprio “aguzzino”, si rivolgeva ai militari della Stazione di Ceva, denunciando di essere vittima di usura da parte di un libero professionista 55enne residente in Alta Langa.

 

L’imprenditore, a fronte di un prestito di circa 35.000 euro, aveva già restituito 108.000 euro nell’arco di un biennio.

 

Dopo una serie di accertamenti preliminari veniva avviata un’articolata indagine, condotta dai militari della Stazione di Ceva con il supporto dei militari della Compagnia di Mondovì, conclusasi alcuni giorni fa.

 

Dall’attività investigativa, rivelatasi particolarmente complessa sia per la pervasività del fenomeno favorito dalla crisi economica e sia dalla ritrosia delle vittime a denunciare i loro usurai per timore di eventuali ritorsioni, si evinceva come il reato, dal cebano si estendeva anche all’albese e ad altri territori delle vicine province di Torino, Asti e Savona.

 

L’indagine veniva condotta sotto la direzione del P.M. Dott.ssa Chiara CANEPA con il coordinamento del Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Cuneo Dott.ssa Francesca NANNI, ed ha avuto due momenti rilevanti:

 

–    il primo nel luglio dell’anno scorso quando veniva deciso, di concerto con l’A.G., di porre un primo freno agli usurai con l’esecuzione di tre misure cautelari personali, uno ai domiciliari e due all’obblighi di dimora. Contestualmente venivano effettuate perquisizioni che permettevano di acquisire della documentazione risultata poi fondamentale per il prosieguo delle indagini volte a delineare meglio il quadro probatorio a carico degli usurai;

 

–    il secondo a fine dicembre 2014 con l’esecuzione di altre due misure cautelari personali, un arresto domiciliare ed un’altra sottoposizione all’obbligo di dimora. Venivano effettuate ulteriori perquisizioni domiciliari ed il deferimento in stato di libertà di un altro sodale del “Gruppo” per gli stessi reati.

 

Si arrivava così a smascherare un sodalizio eterogeneo, formato da cinque italiani ed una romena, resosi responsabile del reato di usura aggravata in concorso in danno di nove imprenditori della Granda, ma anche del torinese e del savonese.

 

Gli indagati, sotto l’esperta “regia” del citato libero professionista albese si adoperavano per prestare danaro, fornire supporto logistico a vario titolo (cambio assegni, custodia di documentazione “scottante”, ecc.) e fare pressioni psicologiche sulle vittime per costringerle a pagare gli esorbitanti interessi usurai.

 

Nel corso dell’attività i militari, in stretta sinergia con la Dott.ssa CANEPA, censivano circa trentamila conversazioni – in una dozzina di intercettazioni telefoniche e tre ambientali – effettuavano numerose perquisizioni domiciliari, scoltavano un centinaio di testimoni, esaminavano copiosa documentazione cartacea, eseguivano un sequestro preventivo di preziosi e contanti a garanzia del danno patito dagli usurati per un corrispettivo di oltre cinquantamila euro.

 

Il modus operandi era quello tipico dell’usuraio. Individuata la potenziale vittima infatti, dapprima veniva fornito dagli indagati quel supporto “pseudo-amicale” e rassicurante caratteristico di chi si dipinge come ultima o unica soluzione ai problemi di natura economica altrui, a fronte invece di una chiusura da parte degli istituti di credito, società finanziarie o di familiari, per poi invece dopo, passato un ben calcolato lasso temporale, far scattare la “trappola” avanzando  richieste di restituzione del danaro imprestato, con un tasso di interesse che cresceva del 10% ogni 10 giorni trascorsi dalla data di restituzione pattuita preventivamente con l’usuraio.

 

Il sistema era talmente collaudato ed efficiente da convincere due usurati a diventare, a loro volta, compartecipi del proprio “aguzzino”, trasformandosi così loro stessi da vittime in usurai di altri imprenditori che si trovavano nelle medesime condizioni di difficoltà economica.

 

I prestiti erano attagliati a seconda dei clienti, come una vera e propria agenzia di credito. Si andava da un minimo di 5.000 fino ad un massimo di 80.000 euro. In totale, per il periodo oggetto delle investigazioni, ai nove imprenditori operanti in vari settori produttivi che, stretti dalla morsa della crisi economica, si erano rivolti al gruppo, sono stati erogati prestiti per complessivi 200 mila euro circa ed ottenuti in restituzione approssimativamente mezzo milione di euro.
Una sorta di avvertita sicurezza d’impunità da parte dei compartecipi del gruppo, coniugata all’elevata redditività economica di questo genere di attività di illecito credito ad personam, di fatto costituivano la concreta motivazione degli indagati alla perpetuazione delle loro condotte delinquenziali.

 

I militari della Stazione di Ceva, come concertato con la A.G., sono a disposizione di chiunque ritenesse di essere stato vittima di usura e/o condotte similari da parte dei citati appartenenti al Gruppo.