L’EDITORIALE di Claudio Puppione – Caso Presepe a Rozzano, riscoperta del Natale o ipocrisia?

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Fa molto piacere leggere il coro di reprimende, con allegati insulti vari e inviti a cambiare lavoro (a quanto pare, suggerimento accolto), indirizzate al dirigente scolastico che ha eliminato d’ufficio il Natale per trasformarlo in una “festa d’inverno” da tenere a gennaio, il tutto, ha spiegato, per rispetto degli allievi non cristiani (cioè musulmani) del suo istituto.

Poi, però, viene in mente che molti di quelli che si strappano le vesti dileggiavano quanti, negli anni scorsi, denunciavano la follia, difesa con le medesime motivazioni da decine di insegnanti, di non allestire più i presepi e di non far più eseguire i canti legati alla Natività perché, altrimenti, i bambini islamici avrebbero potuto essere gravemente lesi nei loro diritti e, forse, anche subire pesanti conseguenze psicologiche. Chissà cos’è cambiato per far sì che, quanto veniva lodato dodici mesi fa, oggi sia  esposto al pubblico ludibrio.Sono stati gli attentati di Parigi? è l’incredibile e “inspiegabile” (si spera, alla faccia dei turchi, affossato da Vladimir Putin) successo militare dell’Isis in medio-oriente?Strano, perché da qualche lustro migliaia, decine di migliaia di cristiani sono torturati e scannati nel nome di Allah, senza che finora l’occidente se ne sia dato pena.Questa improvvisa conversione a favore del Natale a scuola si chiama ipocrisia, non risveglio delle coscienze, nel quale non spero più da un bel po’.Quando, e sarà la decima volta che lo ripeto, a Sommariva del Bosco (cito il caso che notai molto tempo fa, scrivendone subito sul settimanale per il quale lavoravo: “scripta manent”, anche se servono a poco), sulle indicazioni stradali per la sede della Cri si sente il bisogno di affiancare al simbolo della Croce rossa quello della Mezzaluna rossa, il segnale è chiaro: siamo alla frutta. Quando, nel nome dell’accoglienza e dell’integrazione, si rinuncia, spesso senza neppure che la controparte lo richieda o comunque prima che inizi a esigerlo, ai propri simboli e alle proprie tradizioni, il messaggio è esplicito: «Prego, accomodatevi. Siamo pronti a ripudiare tutto ciò che richiama alle nostre radici storiche e culturali per sostituirlo con i vostri usi e costumi». Insomma: a differenza di ciò che accade nei Paesi musulmani e anche in quelli di matrice cristiana rimasti un po’ più svegli, tipo l’Australia, gli ospiti non devono adeguarsi e rispettare ciò che trovano, bensì i padroni di casa sono tenuti ad adottare i comportamenti altrui e a cancellare i propri, retaggio di generazioni intere che in questo modo, senza un briciolo di vergogna, vengono umiliate nel ricordo e annullate in ciò che hanno lasciato. Il cancro più grave, e temo incurabile perché ormai è proliferato come metastasi nel mondo della scuola, sta nel negare che solo un forte sentimento identitario consenta la convivenza con gli “altri”, con i quali si può (si deve) filare d’amore e d’accordo, ma restano sempre “altri” (né peggiori, né migliori).

 

Claudio Puppione