Testamento biologico o eutanasia mascherata? Se ne parla a Busca il 5 aprile

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“Testamento biologico o eutanasia mascherata?”: è questo il titolo della serata promossa dall’associazione culturale “Esserci” per la serata di giovedì 5 aprile, alle 20.45 presso il teatro civico di piazza Armando Diaz a Busca.

 

La serata, organizzata in collaborazione con la Diocesi di Saluzzo, l’associazione Medici Cattolici Italiani e il Centro di Aiuto alla Vita di Saluzzo, cui si aggiungono il comitato NO alle DAT e il Comune di Busca, sarà l’occasione per approfondire la conoscenza del contenuto della legge e condividere alcune riflessioni.

Relatori della serata saranno Assuntina Morresi, docente dell’Università degli Studi di Perugia, Giuliana Ruggeri, medico chirurgo presso l’Università degli Studi di Siena, e Andrea Manazza, oncologo e palliativista. L’ingresso è libero.

 

L’associazione Medici Cattolici Italiani, coinvolta nell’organizzazione dell’evento, si è espressa in maniera contraria alla legge in una dichiarazione firmata dal suo presidente, il professor Filippo M. Boscia, di cui riportiamo alcuni passaggi.

 

É vero che l’art. 1 riguardante il consenso informato enuncia che la presente legge “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona” (e così sembra anche un esplicito rimando al comma 1 del citato art.32 della Costituzione “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”), ma ciò nonostante, crediamo che prevalga una visione individualista sia nella malattia, sia nel fine vita, per non dire nel rapporto dell’ammalto col medico. Vi è uno sbilanciamento verso l’autodeterminazione del paziente.

Se la libertà della persona e il conseguente principio di autonomia, che significa: ciascuno decide liberamente rispetto alla propria salute o malattia (ma anche circa la propria e l’altrui morte? potremmo domandarci), viene assolutizzato e non è collegato e subordinato al perseguimento del maggior interesse o meglio del maggior bene per la persona stessa (che si esplica nel principio del favor curae e del favor vitae), di fatto si viene a creare una (pericolosa) contrapposizione tra il paziente e il medico.

L’autodeterminazione personale assoluta e intangibile che si spinge anche alla rinuncia delle terapie salvavita, può arrivare fino alla richiesta di “aiuto a morire”, magari con l’intervento del medico?
Se finora il principio della indisponibilità della vita era assicurato e garantito dallo Stato libero, democratico e aconfessionale, ora sembrerebbe che venga statuito non il diritto o il dovere di curarsi o non curarsi (che è previsto dal consenso informato), ma la possibilità di una disponibilità della vita stessa per il singolo, attraverso magari una surrettizia forma di suicidio assistito quando il paziente decide di interrompere per esempio l’alimentazione e l’idratazione artificiale senza giustificazione alcuna, e chiedendo al medico contemporaneamente di essere sedato.

Il venir meno del principio dell’indisponibilità della vita, che da assoluto diventa per legge derogabile attraverso l’autodeterminazione personale, crea a nostro giudizio un grave vulnus alle basi stesse della democrazia e del bene comune, perché lede i principi di solidarietà e di giustizia verso intere categorie di persone fragili: i malati cronici, gli anziani, i disabili, i malati di mente, i morenti di cui lo Stato potrebbe negare forme di assistenza e di tutela.
Lo Stato quindi, che dovrebbe tutelare la vita, è quello che in effetti più di ogni altro l’abbandona.

Anche il rapporto medico paziente nella presente legge viene alterato.
Infatti non c’è traccia del termine “alleanza”, che significa condivisione di obiettivi nel reciproco rispetto e che meglio definirebbe quel mirabile incontro, umano prima che professionale, tra “una fiducia e una coscienza”, sostituita da una “relazione di cura”, che certamente deve sempre essere promossa e valorizzata, ma tale relazione, magari intesa in forma impersonale e burocratizzata, si dice nella legge, è basata “sul consenso informato”.
Riteniamo che ciò tradisce una concezione meramente contrattualistica della professione medica e del rapporto con l’ammalato, giacchè crediamo fermamente che a fondamento di tale rapporto vi è invece la promozione del bene vita e del bene salute (naturalmente rispettando la libertà personale sia del paziente che del medico) e non piuttosto l’esclusivo principio di autodeterminazione della persona ammalata.

Pertanto i medici cattolicil, respingendo ogni intento e azione eutanasica comunque mascherata, auspicano che la libertà e l’autonomia individuale, costitutivi della identità della persona, siano coniugate con la promozione e il rispetto della salute e della vita”.